Matilde Sorrentino uccisa per aver salvato i bimbi dai pedofili, ergastolo per il mandante
Condannato all'ergastolo e all'isolamento diurno per un anno Francesco Tamarisco, ritenuto un elemento di spicco della malavita a Torre Annunziata, in provincia di Napoli, e il mandante dell'omicidio di Matilde Sorrentino, la “mamma coraggio” uccisa a 49 anni, davanti casa, il 26 marzo 2004 dopo aver denunciato una rete di pedofili. Dopo 17 anni da quell'efferato delitto è arrivata la sentenza della Corte di Assise di Napoli – presidente Antonio Palumbo, giudice a latere Giuseppe Sassone – che ha accolto le richieste del pm Pierpaolo Filippelli.
La Procura: “Una donna coraggiosa”
Matilde fu ammazzata sull'uscio di casa con quattro colpi di pistola. Secondo gli inquirenti, per aver denunciato un giro di abusi sessuali perpetrati ai danni di alcuni bambini, tra i quali il figlio, nel quartiere dei Poverelli a Torre Annunziata. La sentenza è arrivata oggi, a seguito della camera di consiglio. Per il procuratore di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, “l'omicidio della Sorrentino ha rappresentato la feroce ritorsione ai danni di una donna che con il proprio coraggio aveva consentito di disvelare una turpe sequenza di violenze ai danni di bambini indifesi e di assicurare alla Giustizia i relativi responsabili”.
Sono state 43 le udienze del processo, iniziato il 2 febbraio 2019. I giudici hanno ascoltato 11 collaboratori di giustizia. Secondo i magistrati, il killer di Matilde sarebbe stato Alfredo Gallo, anche lui condannato in via definita all'ergastolo, il 24 maggio del 2005. Determinante fu la testimonianza del figlio della vittima che lo riconobbe dopo averlo visto darsi alla fuga dopo l'agguato. Secondo quanto ricostruito, il gruppo di pedofili avrebbe operato fino all'aprile del 1996. Le vittime erano bambini tra i 6 e i 7 anni, violentati, fotografati e ripresi in video, all'interno di case private e anche in una scuola elementare. I bambini sarebbero stati minacciati anche con siringhe e coltelli, legati e picchiati. Le foto poi finivano nel circuito pedopornografico. Una rete dell'orrore che Matilde con la sua denuncia contribuì a svelare e fermare.