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Malattia di Parkinson, al “Moscati” di Avellino intervento di stimolazione cerebrale profonda

La paziente, una 53enne del napoletano, è stata già dimessa. Nei prossimi giorni tornerà in ospedale i prossimi step per contrastare il tremore del Parkinson.
A cura di Vincenzo Cimmino
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La nuova speranza contro il Parkinson arriva ad Avellino. Oggi, nella giornata mondiale dedicata alla tristemente celebre malattia, l’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati ha deciso di celebrare la ricorrenza rendendo noto il primo intervento di stimolazione cerebrale profonda su una paziente per contrastare i sintomi della patologia. La donna, una 53enne del napoletano già dimessa e in attesa dei prossimi step, è stata la prima persona sottoposta al Dbs, il Deep brain stimulation. Scopo della tecnica innovativa è la riduzione dei sintomi e, di conseguenza, il miglioramento della qualità della vita di chi è affetto dal morbo.

"La notizia che ad Avellino sia stato effettuato per la prima volta un intervento così importante", sottolinea Renato Pizzuti, Direttore generale dell’Azienda Moscati, "è il modo migliore per celebrare la Giornata mondiale del Parkinson. Un altro prestigioso successo per l’Azienda, da ascrivere all’impegno e alle notevoli competenze dei nostri professionisti. Un impegno che ha come obiettivo di offrire sempre il massimo al paziente, sia in termini di tecnica e tecnologia, che di metodiche e procedure".

L'ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino.
L'ospedale San Giuseppe Moscati di Avellino

"La Dbs", ha spiegato Armando Rapanà, Direttore dell’unità operativa di Neurochirurgia, "prevede l’impianto con tecnica mini-invasiva di microelettrodi in aree specifiche del cervello preliminarmente individuate sulla risonanza magnetica preoperatoria con lo specialista neuroradiologo. Fondamentale e irrinunciabile è il supporto del neuronavigatore che garantisce la precisione e accuratezza millimetrica, indispensabili per la buona riuscita della procedura. L’impulso elettrico, prodotto da un generatore che viene posizionato sotto la cute, all’altezza della clavicola, e la cui funzione può essere paragonata a quella del pacemaker cardiaco, stimolando le specifiche aree cerebrali coinvolte nella malattia mediante i microelettrodi, riesce a contrastare efficacemente principalmente il tremore, che rappresenta uno dei disturbi più invalidanti della malattia".

Un impianto assolutamente invisibile dall'esterno e che può essere riprogrammato in ogni momento con un sistema di telemetria che consente di adattarlo al mutare della situazione clinica.  L’intervento eseguito ad Avellino è stato frutto della sinergia tra neurochirurghi, neurologi e neuroradiologi. Sono stati loro che da circa un anno hanno definito le procedure e fissato le caratteristiche per cercare i pazienti più adatti. "Questi interventi", ha precisa to Daniele Spitaleri, Direttore dell’Unità operativa di Neurologia, "agiscono sui sintomi del Parkinson, ma non lo curano e i pazienti che possono accedere alla terapia Dbs devono possedere determinati requisiti. Il trattamento consente una riduzione della terapia farmacologica e un miglioramento dei sintomi motori".

L’intervento al quale è stata sottoposta la 53enne è durato diverse ore e si è svolto in una singola seduta. Due, invece, le fasi chirurgiche. La prima per impiantare i microelettrodi e la seconda per il posizionamento del generatore di impulsi sotto la cute. Quando le ferite chirurgiche si saranno cicatrizzate, la donna tornerà all’Azienda Moscati dove gli specialisti provvederanno alla regolazione non invasiva del sistema, in modo da ottenere il miglior controllo possibile del tremore provocato dalla malattia.

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