Lockdown Covid in Campania, quali province rischiano la chiusura: quadro aggiornato
È un sabato di fine ottobre, è – sarebbe, in condizioni normali – l'inizio di un lungo fine settimana, quello di Ognissanti a novembre. In tempi di Covid è il momento giusto per far librare nell'aria dell'ecosistema mediatico un ballon d'essai. Di che parliamo? Il ballon d'essai è un palloncino aerostatico che si lascia in aria per vedere dove va il vento. Dal punto di vista giornalistico è una notizia diffusa prematuramente (spesso da ambienti di governo) per saggiare le reazioni dell'opinione pubblica. Tutto chiaro? La notizia dei possibili lockdown in Italia fatta filtrare oggi da ambienti di Palazzo Chigi è per «vedere l'effetto che fa». Non siamo a marzo: chiudere l'Italia intera non si può, per ora, ha detto il premier Giuseppe Conte. È l'extrema ratio. Vero è che i contagi continuano a correre e che il partito del "chiudere tutto" è sempre più ampio, nel Paese come nella maggioranza che regge il governo. In sintesi: lanciare oggi la notizia, raccogliere le reazioni e tra domenica 1 e lunedì 2 novembre dare seguito all'ennesimo balletto di Dpcm, codici Ateco e ordinanze regionali a cascata.
Lockdown: il caso Campania
La Campania, poi, è un caso particolarissimo sia dal punto di vista politico che epidemiologico. Analizziamo quest'ultimo partendo dai dati dell'aggiornamento diffuso dall'Istituto superiore di Sanità. Sappiamo che all'ombra del Vesuvio, soprattutto nella provincia di Napoli e in quella di Caserta, i contagi Covid si moltiplicano da settimane. Abbiamo oggi tre zone rosse attive: ad Arzano (Napoli) a Marcianise e Orta di Atella (Caserta). E possiamo dire senza ombra di smentita che sono un mezzo disastro.
Ad Arzano pochissime persone hanno preso parte all'indagine epidemiologica facendo il tampone. Ignoranza, paura, sciatteria, poca informazione, irresponsabilità: sono talmente tanti i fattori che non è possibile soffermarcisi ora. Non è come a marzo dove il coriaceo popolo di Ariano Irpino (Avellino) vittima della cattiva organizzazione sul fronte Covid si rinchiuse in casa in un lungo periodo di zona rossa. Oggi è diverso.
Marcianise litiga con l'Asl, Orta di Atella è come l'Area 51: nessuno ne sa nulla. Le Asl sono un disastro pure nella comunicazione. Lo scenario è questo: possiamo fare zone rosse limitate? La risposta è no: si rischia il disastro organizzativo. Meglio chiudere tutto, questa è l'opinione di molti anche nell'Unità di crisi della Regione Campania ed è anche l'opinione di Vincenzo De Luca. Ma se questa è la sua opinione perché ieri don Vincenzo ha sbraitato contro il lockdown?
So che è difficile crederci, ma è così: perché deve essere lui a deciderlo per primo, non i consulenti del governo (il riferimento è all'onnipresente Walter Ricciardi, detestato al secondo piano di Palazzo Santa Lucia, dove si preferisce il professor Massimo Galli).
In Campania contagi e focolai Covid sottostimati
Torniamo ai dati Iss. Formalmente la Campania non è nei guai, perché classificata come «regione a rischio moderato con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese» insieme a Emilia-Romagna, Lazio e altre. C'è però un problema, un guaio grosso assai: i dati del contagio in Campania sono «verosimilmente sottostimati». Lo spiega l'Istituto superiore di Sanità: sono sottostimati causa «causa incompletezza dati».
In pratica la Campania è una regione in cui il ritardo di notifica rende non pienamente affidabile il trend di casi nel flusso ISS e così il fondamentale Rt, l'indice di trasmissione nazionale del contagio. Dunque potremmo essere nel famigerato "scenario 4" (cioè il quadro più severo) senza saperlo?
Senza dati è ancora più pericoloso decidere azioni mirate e limitate: meglio chiudere tutto (come del resto De Luca voleva venerdì scorso, salvo poi fare dietrofront).
I focolai nelle province di Caserta e Napoli
Quali sono le province della Campania che rischiano il lockdown per Covid-19? Anzitutto la direttrice Nord, quella che da Napoli arriva in Terra di Lavoro (Caserta) : lì abbiamo Arzano, Orta e Marcianise già chiuse. Ma se analizziamo i dati comune per comune lo scenario è brutto. Nel Casertano a rischio alto ci sono Aversa, la stessa città di Caserta, San Felice a Cancello, Maddaloni.
In provincia di Napoli è ancora peggio: da Nord a Sud è un disastro. Critica la situazione a Giugliano, Casoria, Afragola, Acerra e Melito nella direttrice Nord. Poi Pozzuoli nell'area Flegrea. Nella zona Vesuviana (Sud) abbiamo Castellammare di Stabia, Portici, San Giorgio a Cremano, Ercolano, Somma Vesuviana.
Ogni sindaco affronta diversamente una marea di dati interpretati commentati e affrontati poi a sua volta da chiunque e in qualsiasi modo: ci sono pagine Facebook specializzate, canali Telegram, live su Instagram, virologi all'università della vita, perfino un pescivendolo molto noto per le sue dirette Facebook si è messo a commentare i dati a Napoli e proporre ipotesi: è il classico profilo dell' «uomo che se ne intende» tracciato da un mirabile Dino Buzzati nel 1934.
Tutti se ne intendono, nessuno o quasi accetta di fare ciò che è imposto: è la sindrome Nimby del Covid. Meglio chiudere tutto, spiega a Fanpage.it una fonte all'interno dell'Unità di crisi della Campania: la condizione ottimale per la replicazione del virus Sars-CoV2 è questa dei mesi a venire.