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Lo Sferisterio di Fuorigrotta, distrutto e abbandonato il 31 dicembre del 1986

Nella notte tra il 30 ed il 31 dicembre 1986 lo Sferisterio Partenopeo di Napoli venne distrutto da un incendio che lasciò in piedi solo le quattro mura.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Lo Sferisterio Partenopeo distrutto e abbandonato dalla notte del 31 dicembre 1986.
Lo Sferisterio Partenopeo distrutto e abbandonato dalla notte del 31 dicembre 1986.

Nella notte tra il 30 ed il 31 dicembre 1986, nella zona occidentale di Napoli un forte boato sveglia i residenti. Un uomo di 71 anni, per lo spavento, muore per un attacco di cuore. Le fiamme che si sviluppano dopo il boato, intanto, stanno distruggendo uno dei simboli di Napoli: lo Sferisterio Partenopeo, per 36 anni (dal 1950 al 1986) un simbolo della città e che poche ore dopo avrebbe ospitato il concerto di Capodanno. Da allora, lo Sferisterio non sarà mai più ricostruito: restano in piedi solo le quattro pareti. E diventa, suo malgrado, uno dei simboli del degrado e dell'abbandono di Napoli.

La nascita nel 1950 dello Sferisterio Partenopeo

L'idea di uno sferisterio nacque poco prima della Seconda Guerra Mondiale, quando Fuorigrotta era un quartiere "in espansione", come si usava dire a quei tempi. E l'idea di una grande struttura sportiva (lo Stadio Del Sole, poi diventato San Paolo ed oggi intitolato a Diego Armando Maradona sarebbe arrivato solo nel 1959) che avrebbe fatto da "polo" per investimenti futuri divenne subito allettante. Nel 1950 i lavori terminarono e Napoli ebbe il suo mega-impianto dove giocare a pelota basca, ping pong e tamburello.

Tre sport che a Napoli si erano ben diffusi, soprattutto quello di importazione dai paesi baschi. Nel frattempo, tutto intorno nascevano palazzi residenziali e Fuorigrotta iniziò a diventare la zona "residenziale" di Napoli, alleggerendo la pressione sul Centro Storico sovrappopolato, in una sorta di "divisione" per classi: quelle più abbienti preferivano il nuovo quartiere sulla collina del Vomero, quelle più operaie e proletarie si spostarono verso Fuorigrotta e Bagnoli.

Il boom edilizio di Fuorigrotta

Per trent'anni, lo Sferisterio fu una delle strutture più importanti di Napoli. Nel quartiere Fuorigrotta erano sorti tantissimi impianti: oltre allo Stadio Del Sole (1959), erano arrivati il PalaArgento e la Piscina Scandone (entrambe nel 1963, per i Giochi del Mediterraneo), e in breve tempo il quartiere divenne un punto di riferimento per tutti i napoletani appassionati di sport e non solo: concerti, eventi, spettacoli di ogni tipo, potevano contare sulle grandi strutture che, trovandosi fuori dal centro cittadino, permettevano anche ampi spazi di parcheggi e traffico facile da gestire.

Lo Sferisterio, in particolare, ospitò incontri internazionali continui, e per trent'anni era diventato il punto di riferimento dei napoletani. I primi problemi alla struttura arrivarono nel 1980, con il terremoto dell'Irpinia, ma furono di poco conto. Due anni dopo, una bomba all'ingresso, forse per il racket delle estorsione, fece pochi danni. Finché, la notte di Capodanno del 1986, tutto cambiò per sempre.

La scritta "Jai Alai" nel dicembre 2017. Ai lati, si intravedono ancora "pelota" e "Napoli", quest'ultima già parzialmente caduta.
La scritta "Jai Alai" nel dicembre 2017. Ai lati, si intravedono ancora "pelota" e "Napoli", quest'ultima già parzialmente caduta.

La notte di Capodanno del 1986

A Capodanno era previsto un concerto con la partecipazione di Riccardo Fogli e Franco Califano: tutto esaurito, biglietti venduti per un incasso record di trenta milioni di lire (cifra, per l'epoca, enorme). Ma quel concerto non si terrà mai. Nella notte tra il 30 ed il 31 dicembre 1986 lo Sferisterio di Napoli venne completamente distrutto da un vasto incendio. Fiamme di origine chiaramente dolose, sebbene la matrice resti ancora oggi ignota: l'incendio scoppiò in piena notte, e nonostante l'intervento immediato dei Vigili del Fuoco ci vollero ore per domarlo.

Le fiamme avvolsero l'intero edificio e furono precedute da un botto, tipico degli ordigni. Fin da subito gli inquirenti esclusero l'ipotesi dell'incidente, e iniziarono a indagare sul racket che già in passato aveva preso di mira lo sferisterio: l'incasso di quella sera era tale che la camorra pretendeva una quota.

L'incendio causò, indirettamente, la morte di Guglielmo Cammarota: il 71enne pensionato napoletano viveva nel palazzo accanto allo Sferiterio e come tutti gli altri venne svegliato di soprassalto dall'esplosione prima e poi dalle fiamme che avvolsero l'intero edificio. Il cuore non resse alla paura, e morì durante il trasporto nel vicino ospedale San Paolo di Fuorigrotta, per un infarto.

Furono salvati sia l'edificio di otto piano che si trova di fianco allo Sferisterio, sia l'autolavaggio. Ma dello Sferisterio non rimase nulla: il tetto crollò, la grande palestra di pelota basca, uno degli sport più popolari a Napoli negli anni Ottanta, venne completamente distrutta così come gli uffici. Rimasero in piedi solo le quattro mura perimetrali, nella maniera in cui ancora oggi si presentano a chi percorre piazza Italia, circondate da una intercapedine che la "isola" dal marciapiede ed evita accessi esterni.

Era rimasta in piedi invece la scritta "Jai Alai", "festa allegra", il motto basco dei giocatori di pelota: poi a fine settembre del 2018, una violenta raffica di vento la fece staccare e precipitare proprio nell'intercapedine. Ma pochi se ne resero conto: lo Sferisterio era già diventato il monumento di sé stesso, come lo è ancora oggi.

Lo Sferisterio Partenopeo visto dall'alto.
Lo Sferisterio Partenopeo visto dall'alto.
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