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L’imprenditore Maisto assolto dall’accusa di associazione mafiosa, condannato per bancarotta

Assolto l’imprenditore Carmine Maisto dall’accusa di essere un riciclatore del clan Mallardo di Giugliano; l’uomo condannato per bancarotta a 2 anni e 6 mesi.
A cura di Nico Falco
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Le immagini del sequestro in seguito annullato
Le immagini del sequestro in seguito annullato

L'imprenditore Carmine Maisto, ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli riciclatore del clan Mallardo di Giugliano, è stato assolto dall'accusa di associazione mafiosa. Il gip di Napoli Luca Della Ragione ha preso la stessa decisione anche nei confronti dei tre figli dell'imprenditore, Antonio, Massimo e Francesco e per Antonio Pirozzi, 50 anni, tutti accusati dello stesso reati.

Gli imputati sono stati però condannati per bancarotta fraudolenta per 3 episodi (senza l'aggravante mafiosa): 2 anni e 6 mesi per Carmine Maisto, 2 anni e 4 mesi per Antonio Maisto, 2 anni e 3 mesi di reclusione per Francesco Maisto, Massimo Maisto, Antonio Pirozzi, Raffaele Carlino, Vincenzo Gallucci e Anna Pezone.

Il sequestro (annullato) da 50 milioni di euro

A Carmine Maisto (difeso dagli avvocati Dario Vannetiello e Marco Campora) vennero sequestrati beni per un valore complessivo di 50 milioni di euro nell'aprile 2020: per gli inquirenti quell'impero era la rete imprenditoriale che il clan Mallardo utilizzava per riciclare il denaro sporco. Il provvedimento di sequestro preventivo, però, fu annullato dal Riesame due anni dopo, nel febbraio 2022.

Le prime indagini sull'imprenditore, sui suoi familiari e sui tecnici delle sue aziende risalgono a oltre dieci anni fa: le prime misure cautelari vennero emesse nel 2012. Nel corso degli anni sul procedimento giudiziario a carico di Maisto si è espresso il Tribunale del Riesame 7 volte, la Cassazione 5 volte.

Dopo aver ottenuto l'annullamento dell'arresto e la restituzione dei beni finiti sotto sequestro, oggi Maisto è stato assolto dall'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso e da quelle di riciclaggio, autoriciclaggio e intestazione fittizia, contestazioni che avevano spinto gli inquirenti a chiedere una condanna a 12 anni di reclusione.

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