“Io sto con la Polizia Penitenziaria”, la lettera di chi vive il carcere tutti i giorni
Questa lettera è arrivata alla redazione di Fanpage.it in un momento molto delicato per la Polizia Penitenziaria. Spiega cosa prova chi, tutti i giorni, cerca di onorare la divisa che indossa.
"Forse ora sarebbe opportuno non dire niente, sperare nella clemenza dell’oblio, ma non si può permettere che si lasci credere che la Polizia Penitenziaria sia solo quella delle immagini che negli ultimi giorni stanno monopolizzano l’informazione nazionale.
Perciò proprio oggi non si può tacere che la Polizia penitenziaria è anche altro da quelle immagini. È ascolto, accoglienza, generosità, disponibilità e abnegazione nel prestare un lavoro che per molti ristretti rappresenta una luce in fondo al tunnel, a volte l’unica.
La violenza di quanto è avvenuto tra le mura del carcere di S. Maria Capua Vetere ha sconvolto l’opinione pubblica almeno quanto ha sconvolto me che alla Polizia Penitenziaria appartengo, così come sono certa ha sconvolto tutti quei poliziotti che come me onorano l’uniforme costantemente.
Per molti reclusi quelle mura, dove oggi si immagina si compiano chissà quali misfatti, rappresentano, o hanno rappresentato, l’unico luogo sicuro dove lasciar riposare mente e corpo, e ritrovare la forza per riprendersi una vita ormai allo sbando.
E ciò solo grazie a un lavoro fatto di impegno costante, diretto alla risoluzione istituzionale delle mille problematiche che quotidianamente si pongono, ma un lavoro fatto anche di sforzi, non istituzionali, compiuti solo per il piacere di regalare un sorriso, una speranza.
Esistono altre mura, dove i principi della Costituzione repubblicana in tema di uguaglianza, dignità della persona e tutela dei diritti inviolabili, sono pienamente applicati perché il Poliziotto penitenziario è consapevole dello scopo rieducativo della pena e dell’altissimo valore che questa funzione conferisce al ruolo che gli è attribuito.
Esistono altre mura dove il poliziotto penitenziario, portando con sé il peso dell’uniforme, è insieme psicologo, educatore, confessore, assistente sociale e molto altro, nel tentativo di dare risposte che diano sicurezza e serenità.
Esistono altre mura, dove la voce del detenuto si leva non per gridare o per insultare ma solo per sentirsi partecipe, magari nel corso di uno spettacolo teatrale o di un evento ludico organizzato per riempire di contenuti positivi il tempo che, in un penitenziario, scorre più lento.
Insomma, esistono mura penitenziarie in cui ci sono persone che cercano di accompagnare altre persone in un cammino di recupero, dove la differenza fra gli uni e gli altri è data solo da un’uniforme, quella del poliziotto penitenziario, che il fango di questi giorni non consente di indossare con orgoglio".