Dal Cilento a Milano, 250 curriculum senza trovare un’opportunità di lavoro dignitosa: “È un gioco al massacro”
La lunga lettera giunta alla redazione di Fanpage.it è una numerose arrivate dopo i dibattiti-scontro scatenati dallo chef Alessandro Borghese e dall'imprenditore Flavio Briatore che lamentano di non trovare giovani disposti a far gavetta. Ne arrivano tante anche ogni qual volta un politico o un industriale lamenta la carenza di figure professionali junior ‘causa' Reddito di cittadinanza.
Antonio vuole restare anonimo («per timidezza») e si presenta: «Vengo da un piccolo da un piccolo paese del Cilento, ma in questo momento vivo a Milano dove ho conseguito la laurea magistrale un anno e mezzo fa, e dove sono tornato 6 mesi fa. Racconta: «Ho deciso di disturbarla e inviarle una lettera aperta per denunciare l'immobilismo del mercato del lavoro in Italia. Dopo mesi di ricerche e frustrazioni ho deciso che questo gioco al massacro non fa più per me».
Il racconto del laureato campano assomiglia all'ormai celebre monologo di Giorgio in "Così parlò Bellavista" di Luciano De Crescenzo. Ricordate? Giorgio l'architetto, il fidanzato della figlia del professore-filosofo racconta di essersi presentato alla famiglia della ragazza solo dopo aver trovato la possibilità di un impiego: «…Fino a ieri mi sentivo come un esemplare della specie più povera del mondo! Quella del disoccupato laureato meridionale di buona famiglia».
Il nostro lettore non ha alcun lieto fine da raccontare. Per lui il lungo viaggio dal profondo Sud al Nord Italia non ha portato al lavoro. E la ricerca di un impiego è stata infruttuosa e deludente:
Oggi compio i giorni, ben 180 dall’inizio di questa lunga fatica chiamata ‘’ricerca del lavoro’’, 6 mesi di false speranze e forti delusioni. Ho inviato il curriculum circa 250 volte, non ricevendo quasi mai risposta e ricavando un solo misero colloquio.
Le posizioni per cui mi sono candidato sono stage, non di certo posizioni apicali, sono consapevole del fatto che un periodo di formazione sia importante poiché, nonostante una laurea magistrale in Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali io non abbia una professionalizzazione nonostante sia difficile campare in una città come Milano con 500/600 euro al mese, però il mercato del lavoro va’ così, e noi ci adattiamo.
I grandi sogni infranti davanti all'asprezza dei no o peggio ancora, dei silenzi delle aziende italiane: la stragrande maggioranza su LinkedIn e sulle loro belle pagine «lavora con noi» chiedono curriculum dettagliatissimi e poi non rispondono quasi mai. Racconta Antonio:
All’inizio ero un po’ più schizzinoso, inviavo candidature per le posizioni che mi piacevano ( copywriter, apprendista giornalista, stage in Think Tank), ero sicuro che qualcuno avrebbe voluto conoscermi meglio, vedere se avessi qualcosa da offrire, ma niente. Allora mi sono detto: ‘’ non ti scoraggiare’’, sono posizioni ambite quelle, piene di talenti più preparati e già formati, cerca qualcosa di più semplice per iniziare’’.
Ricomincia la ricerca: stage in amministrazione, stage in back office, stage in qualunque posto del mondo accessibile con una licenza di scuola secondaria, ma niente, nemmeno uno straccio di colloquio, ero solo un illuso che credeva nel grande sogno della società contemporanea del ‘’studia e troverai un lavoro’’. ‘’Lavoro’’ una parola che in Italia assume un significato così rigido, una chimera, un sogno, una qualcosa di ineluttabile.
«Volere è potere? Io vulevo e nun putevo…» cantavano i 99 Posse qualche anno fa. La strofa calza a pennello con questa storia:
Negli anni dell’università avevo sempre creduto che lo studio mi avrebbe portato a guadagnarmi il pane con le capacità e le nozioni acquisite in anni di sacrificio sui libri, superando gli ostacoli di natura culturale, che la mia estrazione sociale mi avevano posto fin dalla nascita. Vengo da una famiglia contadina, ho avuto la possibilità di studiare grazie ai sacrifici della mia famiglia e ai miei, diviso tra il lavoro nei campi e l’Ateneo; vi lascio immaginare la soddisfazione e le aspettative dopo il conseguimento della laurea, una speranza che pian piano sta diventando più flebile e una realtà che come la forza di gravità, mi sta riportando letteralmente a terra.
Studio, competenze, corsi di formazione, master. Ma cosa conta davvero per trovare un posto di lavoro in Italia?
In questi mesi però qualcosa ho capito, più che le capacità, il talento e la voglia di rimboccarsi le maniche, c’è un aspetto che avevo trascurato e che invece vale più delle qualità sopra elencate: il Networking. A quanto pare è più importante impegnarsi nella ‘’vita sociale’’ che nelle competenze; l’aperitivo diventa il fulcro centrale della ricerca del lavoro, incontri superficiali di breve durata che ti aprono le porte verso questo benedetto mondo lavorativo.
Non ci volevo credere, pensavo tra me e me: ‘’non ti preoccupare, prima o poi qualcuno ti darà l’opportunità di sederti di fronte a lui per vedere quanto vali’’; non sapevo di raccontarmi la più grande frottola mai pensata. Allora ho ripensato alle parole di almeno un paio di miei amici che mi dicevano: ‘’ ma in Italia funziona così, ci vuole qualcuno che ti inserisca’’, e io a controbattere che l’Italia di un tempo era così, oramai le aziende non possono permettersi questi mismatch di competenze e valori umani solo perché qualcuno sussurra un nome al responsabile delle risorse umane, hanno bisogno delle persone giuste nei posti giusti.
L'amara considerazione finale, affidata alla lettera in cui il nostro lettore si firma amareggiato «un giovane disoccupato» è questa:
Ero convinto di quello che dicevo, credevo nella modernizzazione di un sistema arcaico legato a clientele e raccomandazioni; credevo, perché ora non credo più a niente. Probabilmente tornerò al mio lavoro nei campi, e non ho nessun rimorso per le scelte fatte, per le persone che ho incontrato, per l’approccio analitico che mi è stato trasmesso da alcuni docenti e dalle grandi conoscenze acquisite che hanno, almeno in parte, saziato la mia fame di conoscenza. Chiedo venia per lo sfogo, però credo che la mia esperienza rispecchi quella di migliaia di giovani che ogni giorno vengono frustrati da un sistema rigido e arcaico, guidato da una classe dirigente "naif" che sta dilapidando il capitale umano di questo Paese.