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Il crollo alla Vela Celeste di Scampia

Le tante cause del crollo alla Vela Celeste di Scampia sono sotto gli occhi di tutti

La Procura cerca il motivo del crollo e le responsabilità. Ma chi conosce Scampia sa che certe cause sono sotto gli occhi di tutti.
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«Nemmeno la bomba aveva buttato a terra una Vela di Scampia». La frase è carpita da una delle dirette TikTok avviate pochi minuti dopo la tragedia della Vela Celeste di Scampia. La donna che la pronuncia cita a modo suo un fatto realmente accaduto: la "bomba" era una carica di esplosivo piazzata alla base della Vela F, correva l'anno 1997, per iniziare le demolizioni dei "mostri" dell'area Nord. L'ordigno esplose, il palazzone di cemento rimase in piedi. Assessori e ingegneri bestemmiarono a denti stretti per la figuraccia.

Tutto dunque si potrà dire delle Vele fuorché che – in partenza – difettassero in solidità. Del resto queste gigantesche unità di edilizia popolare residenziale post-terremoto nate coi fondi del piano di zona della Legge 167 del 1962 e poi assaltate dai terremotati del 1980 nascevano ispirate addirittura ai princìpi delle unités d’habitation dell'urbanista Le Corbusier.

Ma la strada che va dall'ispirazione alla pratica, si sa, è come quella verso l'inferno: lastricata di inutili buone intenzioni. Franz Di Salvo, l'architetto delle Vele, dovette fare i conti col restringimento degli spazi nei palazzi e degli stessi appartamenti, l'uso di materiali differenti rispetto a quelli previsti e la ferale chiusura dei piani terreni. Così le Vele divennero un alveare inospitale. Il degrado e il disinteresse della politica negli anni a venire fecero il resto.

La storia della lite sul ballatoio: è alla base del crollo?

Veniamo al crollo del 22 luglio 2024: abbiamo un ballatoio che cede e causa morti e feriti. Le Vele hanno una caratteristica: i due corpi di fabbrica sono separati da un grande vuoto centrale e attraversato da lunghi ballatoi sospesi a un'altezza intermedia rispetto alle quote degli alloggi.

Sono passate le 22.30. Sul ballatoio insistono almeno una quindicina di persone, otto adulti e sette bambini e ragazzini. Schiamazzi, urla: un litigio per futili motivi tra nuclei familiari imparentati tra loro.  Domanda: basta questo a giustificare un crollo? Quindici persone sul ballatoio di un palazzo di calcestruzzo che ospita centinaia di famiglie? Ovviamente no.

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Quel ballatoio della Vela Celeste è lo stesso degli anni Ottanta? Assolutamente no. Sono passati decenni. Nel corso degli anni la Vela è stata sgomberata e abitata più volte da altre generazioni di occupanti senza titolo. La manutenzione alle Vele è stata nel corso dei decenni più rara della cometa di Halley. Il tempo è il peggior nemico dell'edilizia: divora, consuma e i danni che possono derivare da una mancata manutenzione non sai mai quando possono presentare il conto.

E c'è di più: nel corso degli anni ringhiere e parti comuni sono state fravecate e sfravecate, demolite e ricostruite. Le Vele sono state spesso depredate degli infissi in ferro da chi poi andava a rivendersi il metallo. Insomma, seppur mastodontiche, le Vele sono oggi giganti fragili.

Le vibrazioni connesse ai lavori in corso

Su cosa dovrà indagare la Procura è chiaro:  gli occupanti senza titolo delle Vele e pure quelli legittimi (ammesso che ve ne fossero) erano lì coscienti di un pericolo imminente? Qualcuno li aveva avvertiti di qualcosa? Oppure loro avevano avvertito un pericolo?

Oggi, dopo il crollo a qualcuno viene in mente che forse era colpa dei lavori  del progetto Restart Scampia: «Sentivano vibrazioni in tutto palazzo da mesi, c'era già paura» dicono. Il sindaco di Napoli che è anche un ingegnere, sentiti i tecnici, dice che la circostanza è da escludersi. Ma l'indagine dovrà appurare anche questo.

Il problema sociale di Scampia oggi

Il rapper più noto d'Italia, Emanuele Palumbo, in arte Geolier, originario dell'area Nord di Napoli, a due passi dalle Vele, commenta su Instagram la tragedia, pubblicando la foto di una donna ferita nel crollo: «Siamo cinematografici ma abbandonati. Senza più lacrime, cosi non si può». In realtà Scampia non è abbandonata, lo dimostrano i tanti progetti messi in campo negli ultimi anni, basta fare il paragone con i decenni passati. Ma andava fatto molto di più.

Perché basta un attimo che i problemi irrisolti si ripropongono con violenza: la rigenerazione urbana delle Vele è stata ed è troppo lenta. Le cause sono molteplici, ma la realtà è questa. Finquando le Vele resteranno occupabili saranno un problema sociale enorme: sono, erano e saranno inadatte a ospitare famiglie. C'è un principio di azione e reazione anche in questo: gli sfollati dal simbolo del vecchio e del degrado cosa hanno fatto? Hanno subito occupato il simbolo del nuovo e della speranza: l'Università di Scampia.

Amara ironia della sorte, qualche giorno fa è morto il regista Salvatore Piscicelli, il primo che nel 1981 mostro l'orrore delle Vele di Scampia, nel film "Le occasioni di Rosa" con Marina Suma. E allora i palazzi erano bianchi, puliti, integri.

Pensate ora, quarant'anni dopo, 3-4 faide di camorra dopo, decine di occupazioni abusive dopo, cosa sono diventate. Le ragioni del crollo sono sotto gli occhi di tutti. Che sia successo ora è solo un caso. La Procura cercherà quelle materiali, quelle da far aderire alle leggi che descriveranno eventuali responsabilità davanti a una tragedia che lo esige. Ma le responsabilità politiche, sociali, culturali, sono chiare. E non si salva nessuno.

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