“Le sceneggiature attingono dalla realtà, non il contrario: vi spiego perché attaccare Gomorra non ha senso”

Lo scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci risponde alle accuse della destra a “Gomorra” che avrebbe influenzato negativamente i ragazzi.
Intervista a Maurizio Braucci
Scrittore e sceneggiatore
A cura di Antonio Musella
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Maurizio Braucci / foto Fanpage.it
Maurizio Braucci / foto Fanpage.it

Dopo l'impressionante sequenza di giovanissimi uccisi a colpi d'arma da fuoco a Napoli e provincia, il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d'Italia, ha attaccato pesantemente Roberto Saviano dai suoi account social. Il partito di governo ha rivolto allo scrittore offese come "Sciacallo", sostenendo che la violenza tra i giovani si starebbe diffondendo per emulazione dei personaggi di "Gomorra", il cui film ricordiamolo è uscito nel 2008 e la serie Tv nel 2014. Un attacco non nuovo quello rivolto a Saviano, ma che assume contorni più drammatici davanti a quello che sta avvenendo nelle strade di Napoli e provincia.

Fanpage.it ha intervistato Maurizio Braucci, sceneggiatore di "Gomorra", così come de "La paranza dei bambini" altro film incentrato proprio sulla violenza criminale dei giovanissimi. Braucci, che per la lavorazione delle sceneggiature ha sempre lavorato su fatti di cronaca reale, documentandosi anche tra gli operatori di strada, che materialmente intervengono sui minori provando a mostrargli una strada migliore, ha replicato agli esponenti del partito di Meloni ricordano le responsabilità di chi sta al governo, rispetto ad una situazione che ha radici lontane.

Braucci, ha letto i post di Fratelli d'Italia, l'ennesimo attacco a Gomorra ed a Roberto Saviano, ancora una volta si capovolge realtà e fiction, cosa ne pensa?

Siamo abituati a questi attacchi, sono attacchi vecchi, da quando "Gomorra" andò al Festival di Cannes e qualcuno ci disse che non era vero quello che facevamo vedere, che avevamo aumentato la realtà, poi i fatti li smentirono. "Gomorra" e "La paranza dei bambini" sono film che in cui si analizza un contesto e allo stesso tempo si da un allarme, con responsabilità si racconta una realtà ai fini di cambiarla, non c'è alcun compiacimento. Quando lavori a questi film sei cosciente che tu attacchi la classe dirigente, attacchi la classe politica, e loro si difendono. E cosa fanno? Quando il film ha visibilità, quando va a mostrare le loro responsabilità, loro colpevolizzano, è una tattica della repressione classica. Si colpevolizza chi dice: "Il Re è nudo, guardate".
Insultano perché quello è il loro linguaggio, un linguaggio fatto di violenza che poi ci si meraviglia se viene usato dai bambini. Questo è il linguaggio del marketing attenzione, è il linguaggio aggressivo della psicologia sociale che aggredisce i cittadini e li manipola.
Quindi come ci possiamo aspettare che da questo linguaggio di violenza non ne venga fuori un linguaggio di altrettanta violenza? Reputo il dibattito poco serio, un dibattito scorretto, magari ci fosse un confronto vero tra le istituzioni e gli autori che raccontano quello che hanno visto.

"La paranza dei bambini" è un film proprio sulle baby gang, secondo te da dove nasce tutto questo male, tutto questo odio?

Il mondo sta cambiando e i riferimenti intorno sono terribili, a partire proprio dai linguaggi ma anche dalle psicopatologie. Guardate certi influencer o certi uomini politici, sono quasi affetti da patologie psicotiche però mimetiche, accettate dalla società, quindi quali sono i modelli che arrivano ai ragazzi? La violenza è enorme. Io ricordo che quando lavorai a quel film ed eravamo in fase di documentazione, intervistai un operatore di un progetto che oggi a Napoli non esiste più, il progetto "Chance" che era una iniziativa brillantissima. Mi occupavo di Emanuele Sibillo, il baby boss che fu ucciso a 17 anni come il primo grande boss minorenne, e lui mi disse: "Ricordo ancora quando dovetti dire ad Emanuele non venire più, perché ci hanno chiuso, lo Stato non ci finanzia più". Un anno dopo lo ritrovò nella cronaca nera.

Abbiamo assistito al "Decreto Caivano" come l'unico intervento del governo su questo tema, sembra un modello da sorvegliare e punire?

Il Decreto Caivano è servito a sviare l'attenzione, pensare che basta solo la repressione non funziona, ed infatti questi episodi lo dimostrano. Io capisco la legittima preoccupazione di un genitore che vuole che il figlio che esce la sera torni a casa sano e salvo, questo è sacrosanto, ma lo stesso genitore si deve preoccupare che lo Stato agisca in modo preventivo. Bisogna far funzionare le cose, le leggi ci sono, ci sono le agenzie, ci sono le istituzioni e quindi bisogna farle funzionare, non coprire questa grande carenza che c'è nell'inefficienza di queste misure preventive come quelle del decreto Caivano.

Piantedosi ha detto che bisogna fare le perquisizioni, aumentare le pene e fare la videosorveglianza in tutta la città, è una ricetta?

Ma no è una modalità del solito marketing politico, devono far vedere che stanno facendo qualcosa. La vera domanda è: ma voi siete capaci di fare qualcosa? Quello che mi colpisce è che su queste cose parla poi sempre il ministro dell'interno, non parla mai il ministro del lavoro, il ministro dell'istruzione, il ministro della cultura, perché alla fine loro riducono tutto a quelle che sono le dinamiche repressive. Io vorrei vedere questi ministri venire a Napoli e discutere seriamente questa questione, discutere con i cittadini e discutere anche con chi sta sui territori che ha sicuramente delle competenze.

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