La vedova di Maikol Russo, ucciso a Forcella: “Dobbiamo lasciare le Vele ma non troviamo casa”
"Mi chiamò mia suocera. Ero qui nelle Vele. Al telefono però era il fratello, disse solo "hanno sparato a Maikol". Angela Iovino ci aspetta all'esterno della Vela Rossa di Scampia. Vive qui da nove anni, da quando la sua vita, il 31 dicembre 2015 è cambiata. Suo marito, Maikol Giuseppe Russo, quel giorno, viene ucciso durante una stesa.
"È stato straziante", spiega Angela, riferendosi ai funerali e alle notizie che inizialmente sottolineavano che a morire, a Forcella, era stato un pregiudicato. "Lui aveva dei precedenti, ma risalenti a quando aveva 16 anni. Ma non a livello di camorra, erano cose "banali" da bambini. Ha sbagliato, eh", chiarisce Angela. In quella stesa, continua, Maikol non c'entrava nulla. Lo dirà più volte spiegando che oggi, che vive con i loro due figli nelle Vele insieme alla famiglia, ha due desideri: che Maikol possa avere lo status di vittima innocente di camorra – "io conoscevo Maikol, so com'era, è innocente" – e che lei e la sua famiglia possano avere una casa.
"Dal 1 gennaio 2016 sto qua. Lui odiava le Vele, diceva che era degradato, non aveva torto. Non ho avuto scelta, a dicembre fanno nove anni che sto qua. Ora però dobbiamo uscire". Angela fa parte di quelle famiglie che vivono nella Vela Rossa e che, dopo il crollo del ballatoio della Vela Celeste, hanno dovuto cercare una soluzione abitativa alternativa. E che faticano a trovarla.
La difficoltà di trovare un'alternativa alle Vele
"Se era per me, dormivo nella macchina. Ma come fai con due bambini? Non riusciamo a trovare casa, niente. Sto provando di tutto, di più. Appena sentono che sei delle Vele… poi chiedono la busta paga statale. Dove la prendo questa busta paga statale? Se non stavo in difficoltà non stavo nella Vela".
Mentre mostra quello che resta della vita con Maikol, piccoli monumenti alla memoria che custodisce gelosamente, ricorda che un anno prima della sua morte si sono sposati e progettavano di trasferirsi in Germania, insieme ai bambini. La vita poi ha stravolto i loro piani. Angela ha parlato molto poco in questi anni perché, come racconta, "ero nel mio dolore, a crescere i miei figli. Sono loro la mia forza". Sono molti i problemi che ha dovuto affrontare dalla morte di Maikol, compresa la battaglia per potergli dare una "casa".
La battaglia dell'assegnazione di un loculo per Maikol in parte è stata vinta, come comunicato dal presidente dell'Associazione Commercianti di Forcella, Antonio Raio. Era uno dei desideri di Angela, spiega la donna mentre mostra le foto del marito da bambino, o i lavoretti che i suoi figli hanno realizzato nel tempo per un papà che non hanno potuto vivere a pieno.
I piccoli entrano ogni tanto interrompendo l'intervista, insieme al cane, Giasone. Angela sorride, poi lo sguardo si fa più cupo. "La cosa brutta è che loro non ricordano quasi niente, perché erano troppo piccoli. Se gli faccio vedere una scarpa… mamma mia! Ne ne parlo tanto, perché sto male prima io".