Non è vero che Gaetano Manfredi non sa parlare in pubblico. Lo ha fatto, lo ha dovuto fare per molti anni: è professore universitario, è stato Rettore di uno dei principali atenei italiani, è stato ministro dell'Università. È vero, però, che non infiamma le platee.
La voce monocorde, la lentezza nella cadenza, le parole pacate, mai sopra le righe: è quanto di più distante dal suo principale "grande elettore", ovvero il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e dal suo principale avversario, ovvero il candidato ed ex sindaco Antonio Bassolino.
De Luca è vittima della sua stessa veemenza: un portento del neologismo e dell'insulto, si lascia trasportare, si fa coccolare e rassicurare dalle sue stesse parole, poi come un oratore esperto spezza il ritmo, inizia a infervorarsi. E però spesso esagera. Esagera una volta, esagera due, tre , quattro… ciò che dice finisce con diventare più un caso mediatico che politico.
Bassolino, invece, ha sfidato negli anni la balbuzie ma non è certo un timido e anni di palchi, dibattiti e discorsi lo dimostrano. Quando ragiona, anche in pubblico, si aggrappa alle parole sincopandole e usando le mani come prolungamento delle frasi, è slogan di se stesso. È scenico.
Gaetano Manfredi non è un politico. Per giunta arriva dopo un decennio di Luigi De Magistris, un rabdomante del populismo e della frase-spot, con un sicuro futuro da editorialista televisivo per come ‘buca' lo schermo (sicuramente meglio di come amministra la cosa pubblica).
Manfredi è però un diesel di qualità: bisogna lasciarlo carburare un po' per scoprire quanto dosa bene le parole, pesandole una a una: è un valore che in tempi di populismo e spettacolarizzazione abbiamo dimenticato.
E qui la domanda: ma un sindaco deve saper parlare o amministrare? Vorremmo l'uno e l'altro, è l'eterno dilemma dell'avere o dell'essere.
Questo eccessivo timore nel preservare Gaetano Manfredi dal dibattito con gli altri candidati rischia tuttavia di essere deleterio. Il candidato del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle ha in pochi giorni svicolato da un dibattito giornalistico ed ha detto no pure a quello dell'Unione degli Industriali. Non rischia di risultare altezzoso, antipatico, altero, distante dai napoletani?
E d'altro canto, citando il James Senese che si rivolge a Lello Arena in "No, grazie, il caffè mi rende nervoso": ci piace la musica o ‘il fumo'? La politica come sostanza o come presentazione di una promessa?