La storia di Alessandro Rimini, l’architetto che costruì l’ospedale Cardarelli di Napoli e sfuggi ai nazisti

La figlia Liliana racconta la storia di Alessandro Rimini, architetto, pittore e progettista. Da oggi il viale centrale del Cardarelli porta il suo nome.
A cura di Peppe Pace
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Liliana Rimini, figlia dell'architetto Alessandro Rimini
Liliana Rimini, figlia dell'architetto Alessandro Rimini

Tra il 1930 e il 1934, Alessandro Rimini ha costruito il padiglione principale dell'ospedale "Antonio Cardarelli" di Napoli, il più grande del Sud Italia, a soli 29 anni. Nato a Palermo da una famiglia veneziana di origine ebraica, fu molto scrupoloso nella scelta del luogo e dei materiali di costruzione, curando nei minimi particolari tutti i dettagli di quello che ancora oggi è la sede amministrativa dell'ospedale. In occasione della cerimonia di intitolazione del viale centrale dell’ospedale ad Alessandro Rimini, avvenuta lo scorso 26 novembre, abbiamo raccolto la testimonianza di sua figlia Liliana, che ci ha raccontato la storia di suo padre, scappato via dal treno destinato al campo di concentramento nazista di Auschwitz, in Polonia grazie a un geniale colpo di teatro: «Fino a poco tempo fa non si sapeva nulla su mio padre e su chi avesse costruito l'ospedale Cardarelli, essere qui a Napoli per questa commemorazione mi riempie di gioia, mi sembra un sogno. È ciò che ho sempre desiderato perché ho visto costruire questo ospedale a partire dalla prima pietra».

Liliana ripercorre le vicende che portarono alla costruzione del padiglione centrale del Cardarelli in soli 4 anni, quando suo padre era giovanissimo e lei una bambina, fino agli anni delle leggi raziali, quando suo padre venne arrestato e rinchiuso nel carcere di San Vittore, proprio quando era all'apice della sua carriera di architetto. Di lì a poco sarebbe stato deportato ad Auschwitz insieme a tanti altri professionisti ebrei e prigionieri politici che non fecero più ritorno: «La prigionia nel carcere di San Vittore fu tremenda, mio padre ci ha raccontato poco delle sue sofferenze ma so che stava in una cella piccolissima, dove se provava a sedersi veniva bastonato. Quando venne trasferito nel campo di concentramento a Fossoli fu quasi un sollievo per lui, perché almeno poteva interloquire con gli altri prigionieri, tra cui prigionieri politici come il giornalista Indro Montanelli».

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Un racconto tragico e appassionante, il suo: «Quando poi caricarono tutti sul treno per Auschwitz, si giocò il tutto per tutto. Era già stato prigioniero dei tedeschi durante la prima guerra mondiale e sapeva che stavolta non ne sarebbe uscito vivo. In un momento di distrazione delle guardie, rubò un berretto a un ferroviere italiano e urlò:"Italienische polizei! Kontrolle!". Riuscì a ripercorrere così i vagoni del treno fino all'uscita, fingendo un controllo di polizia. Appena sceso si nascose sotto un altro treno e così si salvò».

Dopo l'inaugurazione della stele in memoria di Alessandro Rimini, collocata nel vialone principale del Cardarelli, la cerimonia è proseguita nella sala Moriello, alla presenza del direttore generale Antonio D'Amore, dei medici e degli studenti. Durante il dibattito la senatrice Liliana Segre ha inviato un messaggio di apprezzamento per l'iniziativa, ricordando l'architetto Rimini: "La memoria è la funzione del mondo, e la sua buona pratica aiuta a mantenere in forma la democrazia".

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