La relazione Dia: il Covid sfruttato dalla camorra per il consenso, l’assalto ai fondi PNRR
I clan sono riusciti a trasformare in occasione anche la pandemia Covid, sfruttando le restrizioni e i disagi connessi come valida occasione per rafforzare la propria presenza sul territorio e per creare consensi; e stanno preparando già l'assalto ai fondi PNRR, sul percorso di infiltrazione nella economia legale già intrapreso da decenni e che ha fatto la fortuna delle cosche "storiche", ormai lontane dalla criminalità di strada. Sono alcuni dei particolari che emergono dall'ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia, relativa al secondo semestre del 2021, che fotografa il panorama criminale italiano e le sue evoluzioni.
La pandemia Covid sfruttata dai clan per il consenso
Facciamo un salto indietro con la memoria ai primi mesi del 2020. Quando era appena scoppiata la pandemia Covid, quando c'erano le prime restrizioni, la paura di quello che sarebbe potuto succedere. Quando, tra le associazioni di volontariato e i gruppi di cittadini che si riunivano per cercare di aiutare quelli in maggiore difficoltà, comparivano anche dei "volti noti", personaggi ben conosciuti alle cronache e – talvolta anche palesemente – fin troppo vicini ad ambienti criminali.
É questo lo scenario a cui si riferisce l'Antimafia: una facciata di solidarietà per mascherare la costruzione di una nuova rete di consensi da parte della malavita organizzata, che in questo modo riusciva non solo a continuare ad essere presente sul territorio, aggirando qualsiasi DPCM, ma si poneva come interlocutore più prossimo, distribuendo favori che sarebbero poi diventati crediti da esigere.
Fanpage.it ne aveva parlato diffusamente all'epoca, descrivendo, tra le altre, l'anomala situazione che si stava verificando nel quartiere napoletano di Bagnoli: personaggi poco raccomandabili si munivano del "patentino" di volontario per girare liberamente durante i lockdown con la scusa di consegnare a domicilio generi alimentari, commercianti che erano praticamente costretti a consegnare gratis merce a ceffi ben conosciuti.
Tutto era riferibile a una rete di solidarietà abusiva che alla luce del sole invitava anche sui social "chiunque avesse avuto bisogno" a rivolgersi alla famiglia di quello che all'epoca veniva considerato un boss emergente (e che le inchieste successive hanno identificato come a capo del clan che adesso è considerato egemone sul quartiere).
A Napoli e nella sua provincia, si legge nella relazione della Dia del secondo semestre 2021, la camorra affonda le radici nelle "voragini socioculturali dove i fenomeni della dispersione scolastica, della disoccupazione e della devianza minorile costituiscono variabili di un sistema complesso da cui gli attori criminali traggono forza e risorse a discapito della fiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni locali e dello Stato". Ed è questa la situazione che è diventata un'occasione d'oro per la camorra: gli effetti della pandemia sul piano sociale ed economico, prosegue la relazione, hanno da un lato incrementato la povertà nelle aree più depresse della regione, dall'altro hanno rappresentato "un'occasione di affermazione e rinnovato consenso per i clan più potenti".
L'infiltrazione della camorra nell'economia e l'assalto ai fondi PNRR
Il tutto era funzionale alla strategia che i clan più potenti hanno intrapreso per distaccarsi sempre più dalla criminalità di strada, magari "appaltando" la vendita di droga a formazioni criminali più piccole, e per inserirsi nei complessi meccanismi economici: prima di tutto gli appalti, ma anche gli aiuti nazionali ed europei. Le cosche principali, spiega ancora la Dia, "in attuazione di una lungimirante strategia che punta al supporto e al soccorso nell'immediato di famiglie e imprese in difficoltà mirano ad acquisire un posizionamento tattico per capitalizzare gli aiuti erogati a sostegno dell'economia locale".
Nella relazione viene riportata la relazione di Giuseppe De Carolis Di Prossedi, che in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2022 aveva fornito dati sull'evoluzione dei fenomeni di criminalità organizzata in relazione alla pandemia Covid e alle restrizioni connesse:
nel periodo del lockdown, si è registrata la complessiva riduzione dei reati di natura violenta e con l’uso delle armi, nonché una rimodulazione delle modalità di approvvigionamento e spaccio delle sostanze stupefacenti (consegna “a domicilio”). Inoltre era emersa un’attività di “solidarietà” (raccolta generi alimentari per la distribuzione ai più bisognosi) con lo scopo di creare una sorta di “fidelizzazione” per la successiva gestione delle risorse stanziate dagli organi governativi per finanziare i buoni spesa (oltre 7 milioni di euro per il solo Comune di Napoli) e fronteggiare l’emergenza connessa alla diffusione del c.d. “Coronavirus”.
Successivamente c'era stata la "fase 2", quando c'era stata la ripresa delle attività criminali e l'aggressione ai patrimoni, nel periodo tra luglio e settembre 2020:
si è manifestata, prevalentemente, con atti intimidatori; un aumento, a causa della crisi economica determinatasi, delle richieste di denaro a tasso usuraio ai gruppi più strutturati e dediti a tale tipo di attività; una immediata infiltrazione criminale nel settore economico commerciale per l’accaparramento di liquidità, in considerazione degli ultimi interventi normativi che prevedono prestiti agevolati con fondi di garanzia per le imprese in difficoltà.
Per contrastare l'infiltrazione dei clan nel tessuto economico si sono mostrate valide "le sistematiche attività di prevenzione quali provvedimenti ablativi, interdittive prefettizie antimafia, attività dei gruppi interforze, commissioni di accesso nelle amministrazioni" e "la stessa Unità di Informazione Finanziaria (UIF) presso la Banca d’Italia a più riprese ha avuto modo di raccomandare l’attivazione dei diversi presidi antiriciclaggio per prevenire le possibili distorsioni dell’economia legale specie nell’attuale delicata fase di attuazione del PNRR".