La droga di Imperiale, tanta da perdere il conto: “130 chili sequestrati? Non credo siano nostri”
Chili e chili di cocaina inviati a Roma e affidati alla ‘ndrangheta, rifornimenti continui per Napoli, import dal Sudamerica attraverso l'Africa, montagne di cocaina spedita in Australia (e di cui si sono perse le tracce): l'organizzazione di Raffaele Imperiale era capace di trasformare a ruota continua polvere bianca in milioni di euro (anzi, in lingotti d'oro), ma nel marasma di spedizioni e calcoli era difficile tenere sotto controllo tutto. E così si rischiava anche di perdere il conto della merce e di non sapere se 130 chili di hashish finiti sotto sequestro erano o meno usciti dai propri magazzini.
Il particolare emerge da uno dei 4 verbali depositati nei giorni scorsi dalla Procura di Napoli con le dichiarazioni di Imperiale, di recente diventato ufficialmente collaboratore di Giustizia. "Lelluccio Ferrarelle" cita nomi, parla delle spedizioni, dei quantitativi, delle rotte. E i numeri che ne vengono fuori descrivono un volume di affari impressionante. Tanto che appare persino comprensibile che, alla domanda su 1.300 chili di hashish sequestrati, non sia in grado di dare una risposta certa e si limiti a dire: "Non credo sia droga nostra".
La flotta di camion per portare la cocaina dall'Olanda
Al servizio dell'organizzazione di Imperiale, stando a quanto da lui stesso raccontato, c'erano diversi gruppi di camionisti, che venivano utilizzati sia per il trasporto della droga sia per l'oro e per i soldi. Uno, in Emilia Romagna, aveva due camion. Una seconda struttura era nel Lazio e aveva due camion acquistati da Imperiale. Una terza organizzazione, composta da Slovacchi, era gestita direttamente da Bruno Carbone e aveva 3 camion. Infine c'era un autotrasportatore di Villa Literno, uomo di fiducia, che veniva pagato 40mila euro a viaggio.
"Considerando tutte le strutture predette, avevamo almeno 8 camion fissi per i trasporti dall'Olanda – dice Imperiale – anzi il nostro obiettivo era avere sempre 3 o 4 in Olanda pronti a caricare. Ovviamente tutti i predetti autotrasportatori avevano una loro attività legittima di copertura, tranne lo slovacco che lavorava solo per noi".