La cocaina di Imperiale in Australia, 90 milioni di euro persi: “Non so che fine abbia fatto”
L'organizzazione di traffico internazionale di droga che faceva capo a Raffaele Imperiale poteva resistere senza troppi problemi ad una perdita di 24 milioni di euro, continuando a vendere cocaina senza che le casse ne risentissero: un particolare che ben mostra l'entità del giro di affari e della disponibilità, non solo di contatti e quindi di credito sulla parola, ma anche di contanti. Sarebbe il caso della spedizione in Australia, menzionata anche nell'ultima ordinanza a carico di Imperiale e che sarebbe avvenuta tra il 9 novembre 2020 e il 26 gennaio 2021. Si sarebbe conclusa con un nulla di fatto, forse con un sequestro delle forze dell'ordine.
A raccontare della spedizione è lo stesso Imperiale, da pochi giorni ufficialmente collaboratore di Giustizia. La cocaina, 600 pacchi (corrispondenti a 600 chili) sarebbe arrivata dall'Olanda con una delle strutture di autotrasportatori. Per il tratto successivo ci avrebbe pensato Giovanni Fontana, collaboratore di fiducia di Imperiale; l'uomo, presidente della società Fontana Service e della squadra di calcio del Villa Literno (che milita nel girone A del campionato Eccellenza) è finito in manette nello scorso novembre, proprio con l'accusa di fare parte del gruppo del narcos di Castellammare di Stabia.
La spedizione fallita di 600 chili di cocaina in Australia
La droga sarebbe stata acquistata in Olanda per conto di tale Mark, contatto australiano di Imperiale. Quattrocento chili, pagati 33mila euro l'uno, ai quali sarebbe stata aggiunto un costo fittizio di 2mila euro al chilo giustificato come spese per il trasporto. Incassati i 14 milioni di euro, Imperiale avrebbe organizzato il carico aggiungendo 200 chili di cocaina dai propri magazzini.
Il trasferimento di denaro tramite i cambisti
Mark avrebbe fatto avere i soldi ad Imperiale tramite i "cambisti", che sono incaricati del riciclaggio e del trasferimento di denaro. I soldi vengono accreditati tramite il sistema "Hawala", basato sulla fiducia, solitamente usato da gruppi etnici per spedire denaro nei Paesi d'origine e, in quanto scarsamente tracciato, molto utilizzato per il riciclaggio: il denaro viene consegnato a un cambista, che comunica al suo corrispettivo di mettere quella somma a disposizione del destinatario.
L'affare da 90 milioni di euro saltato in Australia
Una volta arrivati in Australia, i 600 chili di cocaina sarebbero stati "tassati": il 20% sarebbe stato "trattenuto come una sorta di dazio dagli importatori locali". I 480 chili rimasti sarebbero dovuti essere pagati all'attracco, a prezzi australiani, circa 150mila euro al chilo: facendo un veloce calcolo, si parla di 24milioni di euro per i 160 chili di Imperiale e 48milioni di euro per i 320 chili di cocaina di Mark.
Una operazione, insomma, dal margine altissimo, considerando che anche quei 200 chili potrebbero essere stati pagati intorno ai 33mila euro al chilo, quindi circa 6 milioni e 600mila euro. Ma all'organizzazione sarebbero rimasti solo gli 800mila euro del costo fittiziamente aggiunto: di quella droga si sarebbero perse le tracce. Al narcos napoletano sarebbe stato riferito di un sequestro, ma non ci sarebbero stati riscontri sulle fonti aperte. "Non so che fine abbia fatto tale merce – dice Imperiale ai magistrati – spero sia stata sequestrata e non rubata".