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La “ciardona” del dialetto napoletano? Deriva dall’ungherese, e da una danza popolare

La parola, che in dialetto napoletano ha una connotazione anche abbastanza offensiva, ha un’origine molto particolare: ricorda infatti una tipica danza ungherese resa famosa da compositori come Liszt e Strauss chiamata appunto “ciarda”. Ed è probabilmente da qui che il napoletano ha tratto ispirazione per il termine: dalle formose locandiere di inizio Novecento.
A cura di Federica D'Alfonso
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Napoli è sempre stata una città multiculturale, e molte delle tracce di questa pluralità di voci restano ancora oggi nascoste fra le pieghe delle usanze, dei modi di fare e, soprattutto, del linguaggio. Il dialetto napoletano ha assorbito una vastissima gamma di influenze straniere, alcune delle quali davvero particolari: è il caso, ad esempio, di una parola entrata nell'uso comune vernacolare come una pesante offesa ai danni delle persone non proprio magrissime, ma che ha una storia molto più antica e nobile che viene dall'Ungheria.

Dire a qualcuno che è un “ciardone” vuol dire sottolineare, in modo cattivo e volgare, il suo essere notevolmente in sovrappeso: una parola curiosa che non viene né dallo spagnolo né dall'arabo, bensì da una particolarissima danza popolare ungherese che si chiama, appunto, “ciarda”. Ma qual è il legame fra questa e la lingua napoletana?

L’origine popolare della “ciarda”

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La “csárdás”, in lingua ungherese, indica un particolare tipo di danza popolare che a partire dal XIX secolo si è affermata come un vero e proprio genere musicale: è caratterizzata da un ritmo incalzante e frenetico, che alterna motivi estremamente malinconici ad altri molto allegri e vivaci. Si tratta di un tipo di musica estremamente popolare, che riprende appunto le danze tipiche del popolo ungherese, ma che negli anni è stato assorbito anche dalla musica “colta”: molte composizioni di Liszt, Čajkovskij, Brahms e Strauss, ripropongono i motivi tipici di questa particolare forma musicale.

La ciarda: una donna d’osteria

Una forma che, come indica il suo stesso nome, nasce nelle osterie: il termine “csárdás”, italianizzato in “ciarda”, vuol dire infatti “donna d’osteria”: ed è proprio da questo significato così evocativo, che ricorda le affascinanti locandiere dei tempi passati, che il dialetto napoletano avrebbe assorbito la parola per farla propria in un senso del tutto diverso. Non è un caso che anche nel repertorio concertistico italiano la “Ciarda” sia presente grazie ad un napoletano: Vittorio Monti la inserì in una delle sue più celebri composizioni, risalente ai primi anni del Novecento.

D’altra parte Napoli e l’Ungheria hanno avuto, per molto tempo, una storia comune che risale fin dal Medioevo. Ed è forse da qui, da questo scambio di usi, costumi e danze, che il dialetto napoletano ha mutuato il modo in cui definisce, in modo estremamente colorito, una persona molto grassa.

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