È stato usato troppe volte per un titolo facile e a sproposito, altrimenti diremmo che a Casamicciola oggi viene lentamente fuori dal fango la Spoon River dei morti della frana del 26 novembre 2022, un’altra data del calendario su cui Ischia dovrà mettere una croce nera.
Ma di tutto ciò che oggi è inghiottito dall’altura dell’ «isola verde» nessuno sa esattamente: né Edgar Lee Master, né i Vigili del Fuoco, né tutti gli altri soccorritori con o senza divisa.
I numeri della tragedia da ieri sono appuntati con diligenza dai delegati prefettizi che sono stati mandati da Napoli per scongiurare l’indecente ammuina su identità e conta dei morti.
Sabato pomeriggio erano stati chiesti per i soccorsi «una dozzina» di sacchi per cadaveri, chi ha ascoltato la comunicazione s’è fatto il segno della croce, sperando non fossero tutti per bambini, donne e uomini. Ancor oggi si continua a sperare che qualcuno sia scappato, nascosto, ma vivo.
Si cerca una voce di creatura, un uomo coperto di fango da tirare fuori, una donna che respira sotto un tetto caduto. Niente. Silenzio. Sono scene che hanno regole ancestrali: se andate a chiedere ai soccorritori del terremoto del 1980 in Irpinia di descrivere il silenzio di quelle ore li vedrete piangere, a quarant’anni dai fatti. È accussì.
Per strappare l’opera di recupero d’un cadavere agli occhi delle telecamere i carabinieri, i pompieri e la protezione civile si parano davanti usando piumoni e lenzuola che non serviranno più. Più passa il tempo meno speranze ci sono: questa è la regola. Vagliela a dire ai parenti, agli amici. Non si può.
Dunque si scava. Anzi si sposta. Si movimenta. Poltiglia ora dopo ora sempre più dura e secca costituita da terreno, foglie, tronchi, pietre, tubi, vestiti, biberon, materassi, carrozzini, scatole di riso, mobili, plastiche, scarpe e giacconi su acque appantanate. E odore di verde putrido, autunno, metallo e morte.
Più si sale la strada che porta all’origine della frana e più diventa tutto grigio e marrone; sono i colori della terra e del cemento. Grossi blocchi in pietra di case costruite come lego e piazzate come dadi tirati su un panno verde. Dio non gioca a dadi, nemmeno la Natura.
Lo sapemmo, lo sappiamo. Un giorno qualcuno dirà: lo avevano sempre saputo.
Guardate: la micidiale corsa del fango non avviene per caso.
Sì, è vero che c’è il cambiamento climatico che ci manderà tutti all’altro mondo più prima che poi. È vero pure che la notte di sabato 26 novembre è scesa tanta acqua dal cielo, più di quanto la terra potesse assorbire.
Ma il cammino del fango non è un caso, sbaglieremmo a ridurlo a mero elemento di racconto, striscia evidenziata da geologi su mappe satellitari di Google.
Ci sono studi sperimentali sulle fasi di propagazioni delle colate di fango lunghi centinaia di pagine. Rapporto fra il grado di saturazione dell'acqua e il suo volume, il volume dei vuoti, il grado di saturazione dell'aria. Colate lente che muovono grosse masse di terreno instabili, colate veloci che strappano via ciò che trovano ma sono più modeste nei volumi coinvolti.
Si alimenta d’acqua, pietre, legno, ferro, auto e case travolte, il fango. Ma per farsi spazio ha bisogno di qualcosa: deve essere costretto a quella strada. E innanzi deve trovare debolezza. Deve avere un percorso a scendere che lo renda via via più grosso di detriti, potente e pericoloso. Una volta così, se trova gente di faccia la distruzione si trasforma in tragedia.
Della teoria delle miscele di fango si alimenta oggi la polemica, quella che accompagna la ricerca di sommersi e salvati.
Di cosa è fatto il fango di Ischia? Di fatalità o volontà? È sempre la stessa storia. L’isola è terra di abusivismo edilizio, vogliamo negarlo? Non si può. Un dato da cronista: da decenni ad ogni manifestazione politica anti-ruspe in Campania partecipa sempre un nutrito gruppo di isolani.
Fu abusivismo speculativo o di necessità? Questo avrebbe dovuto stabilirlo lo Stato vagliando le pratiche di condono: gettandole nel cesso se inaccettabili oppure accogliendole e prendendosene la responsabilità. Ma in Italia si preferisce lasciare tutto sospeso: in attesa dell’ennesimo "tutti dentro" o del cavillo, il codicillo che possa sbloccare zitto zitto. Meglio non decidere, dunque. Meglio lasciare tutto così.
Ci ha pensato la natura, perché ora in quelle zone non si costruirà più. O almeno così si spera. La Campania nel 2022 ha avuto 18 eventi climatici estremi, 6 nel solo mese di novembre.
Il clima è cambiato e il suo biglietto da visita è questo: alcune zone non potranno essere più abitabili, non si potrà scendere a poetici compromessi con la sorte, il padreterno e la natura. Ricordatevelo quando vi parleranno di temperature e caldo anomalo come fatti lontani: è successo proprio ora, proprio qui.
Le prossime ore ricostruiranno facce, storie, sogni, speranze. Troveremo facilmente le foto o i video del compleanno. Alcuni particolari resteranno indelebili nelle persone più sensibili. Il corpo della bimba trovata col pigiamino rosa sotto il materasso. Eleonora, morta trentenne che faceva la commessa a Ischia porto. La donna bulgara che aveva appena ricevuto la cittadinanza italiana.
Sto scrivendo queste parole e sullo schermo mi appaiono frasi di esponenti della politica che si insultano a vicenda. È una tragedia nella tragedia.
Ma per quanto possa sembrare irrispettosa l’iperbole, è più onesta la natura matrigna che violentemente schiaffa la terra dalla montagna a mare che la politica capace di travasare le sue responsabilità da un governo all’altro.
Non è stato fatto abbastanza. Non è stato detto abbastanza. Ci sono colpe enormi. Nessuno si senta escluso.