Un rumore di zip che si chiude, un trolley che va portato a mano perché le rotelle affondano nella melma. Le scarpe inadatte, c'è chi da sabato notte ha ancora addosso le stesse cose o quasi. Gli stivali sono sommersi, le case sono inghiottite dal fango. C'è chi piange i morti che non riposano ancora dentro una bara, chi è arrabbiato coi giornalisti e chi invece li cerca per urlare il suo appello: «Ora ci devono aiutare, ci devono aiutare».
Ma chi? Dove stanno quelli che dovrebbero aiutare?
La speranza è che a Ischia la gente di Casamicciola non accenda il cellulare sulle notizie del giorno. Meglio che non sappiano, che non leggano, che non vedano l'indecenza del dibattito politico italiano sulla tragedia che ora dopo ora si ingrossa nella sua gravità di sacrificio umano e di danni alle cose e ai territori. «Il condono l'hai fatto tu»; «No, non era un condono». «Non è colpa mia»; «No è colpa tua»: montagne di parole scritte, di video sui social, di tweet, di dichiarazioni rilasciate a tv, giornali, radio.
In via Celario, «vicino al supermercato», come urlava una donna nella prima telefonata al 112 subito dopo la frana di domenica 26 novembre, non muore soltanto la gente che si è trovata di faccia un treno di fango a colata rapida che portava in dote macigni, terreno, alberi, lamiere, sportelli d'automobili, pulmini, piatti doccia di ceramica e due case intere, spostate come nel videogame Sim City.
No, non muore solo la gente, ma anche l'idea di trovare una verità che sia una. Ma pure mezza verità, un quarto, un sesto. Niente.
Pure nel 2009 chi vide morire Anna De Felice, 15 anni, travolta dal fango della precedente frana ischitana, non ebbe verità. Anche oggi è stata aperta un'inchiesta per disastro. Ma il disastro affonda le radici in anni di strafottenza a più livelli e non riguarda soltanto la superfetazione di alloggi in zone a rischio e gli abusi edilizi in aree da zona rossa.
«...Oppure conquista, con il vascello dell’oblio, il vasto mare della dimenticanza», dice il verso d'una poesia di Brodskij. E di dimenticanza è fatta Ischia con le richieste di condono, cogli ordini di abbattimento, gli slogan, le promesse, le ordinanze, le leggi, i ricorsi al Tar. Vi siete scordati fino a mo' di tutto questo e volete ricordarvelo proprio ora? Proprio qui?
Il contrario di dimenticare in politica non è ricordare: è accusare un altro d'essere causa di un problema. Dunque l'indecorosa scenetta del leader che attacca l'altro leader, del ministro che vuole arrestare tutti, del sindaco che si indigna e si sdegna.
Una famiglia è stata cancellata dalla frana, una donna è pianta in silenzio dal suo uomo; a nessuno va via dalla mente la bimba col pigiamino rosa morta vicino alla mamma sul lettino.
È difficile pensare che in questo scenario, anziché preoccuparsi e fare pressione affinché tutto possa essere fatto per Ischia, ci si accanisca così tanto in un supplemento di campagna elettorale – si è votato appena 2 mesi fa – ai limiti dell'indecenza.
È vero: il disgusto è una sensazione umana un po' populista poiché non fa distinguo. Però una giornata come quella di oggi, la polemica mentre a terra ci sono i morti e non si sa quando verrà data loro degna sepoltura e poi i vivi – oltre duecento – senza casa, è davvero da farmaco antiemetico.