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Allarme processionaria a Napoli, cosa succederà: “Il Comune farà la disinfestazione dei bruchi velenosi”

Infestazione di bruco processionaria velenoso a Napoli. Segnalazioni in vari quartieri Arenella, Vomero, Capodimonte, Avvocata e Chiaia. Cosa fare in caso di avvistamento. L’assessore al Verde, Vincenzo Santagada, a Fanpage.it: “Interverrà Napoli Servizi per la disinfestazione”.
A cura di Pierluigi Frattasi
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La processionaria / immagine di repertorio
La processionaria / immagine di repertorio

Stop all'invasione di bruchi "processionaria" in molti quartieri come Vomero, Arenella, Capodimonte, Chiaia e centro storico. "Potrà intervenire la società Napoli Servizi", assicura a Fanpage.it l'assessore al Verde pubblico, Vincenzo Santagada, che ha preso a cuore la vicenda. Questi lepidotteri, infatti, sono dannosi per gli alberi (pini, cedri e querce), ma anche pericolosi per esseri umani e animali, in particolare i cani, per i quali possono essere anche letali se annusati o leccati.

I bruchi processionaria, nome scientifico “Thaumetopoea pityocampa”, sono stati segnalati a Napoli in diversi quartieri negli ultimi giorni. Come riportato da Fanpage.it, numerose segnalazioni sono arrivate all'Asl Napoli 1 Centro, che ha rilevato “una infestazione arborea da processionaria" che ha colpito il verde pubblico, parchi e giardini gestiti in gran parte dal Comune di Napoli o dalle Municipalità. Esemplari di questi insetti sono stati avvistati in piazza Mazzini, in via Salvator Rosa, ma anche in alcune zone di Capodimonte e dell'Arenella.

Come spiegato a Fanpage.it da Esterina De Carlo, direttrice sanitaria IZSM: "I processionari possono portare irritazioni e una serie di sintomatologie sia all’uomo che agli animali: eritemi cutanei nella zona del contatto, congiuntiviti se portati agli occhi, mentre alla bocca possono portare vomito, dolori addominali, necrosi della lingua, gonfiore della laringe e choc anafilattico. Nei casi più gravi, si può arrivare anche alla morte". Il consiglio, quindi, è di non toccare mai questi insetti.

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Che cos'è la processionaria e perché si chiama così

La processionaria del pino (Thaumetopoea pityocampa), come si legge in un documento dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, "rappresenta un caso esemplare degli effetti combinati dei cambiamenti climatici e delle dinamiche ecologiche, che hanno favorito l’espansione di questa specie con impatti rilevanti sia sull’ambiente che sulla salute pubblica".

"Originaria dell’area mediterranea, la processionaria ha recentemente ampliato la propria distribuzione, colonizzando territori montani e latitudini settentrionali un tempo considerati immuni all’infestazione. Tale espansione è il risultato di interazioni complesse tra variabili climatiche, fattori ecologici e attività antropiche, come evidenziato da numerosi studi scientifici e da fonti divulgative".

Dove si possono trovare i bruchi processionari

Il ciclo vitale della processionaria si sviluppa in fasi distinte e in ambienti diversificati. Durante l’inverno, i bruchi si rifugiano all’interno di nidi sericei, strutture realizzate con secrezioni ghiandolari e tessute sulle conifere, che offrono una protezione efficace contro le basse temperature. Con l’arrivo della primavera, quando le temperature iniziano a salire, i bruchi emergono in cosiddette “processioni”, muovendosi lungo i tronchi degli alberi fino a raggiungere il suolo, dove si interrano per subire la metamorfosi. L’emersione degli adulti in estate segna l’inizio della fase riproduttiva: le femmine depongono le uova tra gli aghi delle conifere ospiti, fornendo il nutrimento indispensabile per le nuove generazioni, mentre la secrezione di seta, impiegata per la costruzione del nido invernale, completa il ciclo biologico.

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Un aspetto di particolare rilievo riguarda la marcata predilezione della processionaria per le conifere, in particolare per i generi Pinus, Abies e, in alcuni casi, Cedrus, sebbene siano stati registrati attacchi anche su querce ed altri alberi. Il pino nero (Pinus nigra) risulta particolarmente vulnerabile, subendo gravi danni. In passato la presenza di questo lepidottero era limitata a quote inferiori a 500–600 metri, escludendo le pinete montane; tuttavia, oggi T. pityocampa è stata riscontrata anche nell’Appennino Settentrionale e nelle Alpi, territori che fino a poco tempo fa erano considerati immuni. Vista la sua pericolosità per le foreste e per la salute umana e animale, la lotta contro questa specie è divenuta obbligatoria a partire dal 2007, tanto che la processionaria è riconosciuta come uno degli organismi nocivi prioritari in Europa (Area EPPO).

La profilassi per il controllo dei lepidotteri

La gestione dell’espansione della processionaria richiede un approccio integrato e tempestivo, che preveda la segnalazione della presenza dell’insetto alle autorità competenti, quali l’Amministrazione comunale, l’ASL o il Servizio Forestale locale, affinché le operazioni di intervento vengano affidate a personale specializzato. I peli urticanti, presenti sulla superficie dei bruchi, rappresentano una seria minaccia per la salute umana e animale, in quanto possono provocare reazioni infiammatorie e allergiche di varia entità. In particolare, il contatto con questi peli può innescare una dermatite da processionaria, caratterizzata da irritazioni cutanee, eritema, edema e prurito, sintomatologia che si manifesta non solo a livello cutaneo, ma può estendersi anche alle mucose oculari e respiratorie.

Cosa fare in caso di contatto con i bruchi pelosi

Dopo il contatto, è fondamentale procedere immediatamente a un accurato risciacquo della zona interessata con abbondante acqua tiepida e un detergente delicato, evitando movimenti bruschi che possano favorire l’infiltrazione dei peli nel derma, e rimuovendo con cura anche gli indumenti eventualmente contaminati. Il tempestivo monitoraggio dei soggetti esposti, con l’intervento di un medico specialista o di un veterinario in caso di reazioni persistenti o sistemiche, risulta essenziale per limitare l’impatto tossico di questi peli.

Tra le strategie proposte per il controllo della processionaria rientrano la rimozione e distruzione dei nidi durante la stagione invernale, mediante operazioni manuali seguite da combustione, e il danneggiamento dei nidi mediante aria compressa, tecnica efficace quando le temperature sono prossime allo zero, inducendo la morte per ipotermia dei bruchi all’interno. Altre soluzioni comprendono l’applicazione di barriere fisiche, come strisce adesive sui tronchi, per impedire ai bruchi di raggiungere il suolo, e l’utilizzo di trappole a base di feromoni per catturare gli adulti. Recentemente, sono state sperimentate anche tecniche di intervento endoterapico, che prevedono la somministrazione di fitofarmaci direttamente all’interno dell’albero attraverso fori praticati a circa un metro da terra, oltre al ricorso al biocontrollo mediante agenti antagonisti come Akanthomyces muscarius.

In conclusione, la processionaria del pino è un esempio lampante di come la sinergia tra cambiamenti climatici, dinamiche ecologiche e pressioni antropiche possa determinare la diffusione di specie nocive, con conseguenze significative per la biodiversità e per la salute pubblica. La complessità di questo fenomeno richiede un approccio multidisciplinare e una stretta collaborazione tra istituzioni, ricercatori e operatori del settore per sviluppare strategie efficaci di monitoraggio e intervento, volte a mitigare l’impatto ambientale e sanitario di questo organismo.

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