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Baby criminali, Fabbrocini (Squadra Mobile): “Primo intervento è quello della gente: denunciate sempre”

Alfredo Fabbrocini, capo della Squadra Mobile di Napoli, a Fanpage.it: “Il primo intervento non è quello repressivo, ma quello della gente: denunciate, sempre”.
A cura di Nico Falco
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Alfredo Fabbrocini, capo della Squadra Mobile di Napoli
Alfredo Fabbrocini, capo della Squadra Mobile di Napoli

Alfredo Fabbrocini è dall'aprile 2020 a capo della Squadra Mobile della Questura di Napoli; aveva già ricoperto lo stesso ruolo a Foggia, Bari e Parma, era stato in servizio nel Reparto Prevenzione Crimine di Locri e Rosarno. Napoletano, 48 anni, prima di prestare servizio a Napoli era stato al Servizio Centrale Operativo (Sco). Fanpage.it lo ha intervistato sul fenomeno della devianza minorile, alla luce dei vari casi eclatanti che si sono registrati in città negli ultimi mesi, tra cui quello del 12enne a cui un coetaneo ha conficcato una chiave nella testa e l'accoltellamento tra giovanissimi a Marechiaro.

Dottor Fabbrocini, c'è un motivo per cui l'età media delle vittime di camorra, e quindi degli stessi affiliati ai clan, si è molto abbassata negli ultimi anni?

La durata della vita media di un camorrista, se togliamo gli anni di carcere o il fatto che vengono uccisi molto giovani, è più o meno quella che c'era nel Medioevo. Per questo, a 18 anni, un giovane camorrista è già un adulto. Quando si è molto giovani si pensa di essere invulnerabili, invincibili, di non avere paura della morte. Viene più facile, per certi versi, scalare i gradini della personale scala di valori nell'ambito dell'organizzazione criminale di riferimento.

C'è stato, effettivamente, un aumento dei reati commessi da minori?

Per quanto riguarda i dati statistici, non registriamo un aumento se lo confrontiamo agli anni precedenti alla pandemia. I numeri ci dicono che il livello è stato più o meno similare. Ci sono stati alcuni casi eclatanti, che hanno fatto accendere un riflettore su questo tipo di devianza. Ed è bene che ci sia. Ad essere cambiata, probabilmente, è l'importanza che si dà a queste cose: tanti anni fa, tranne che per i casi maggiormente eclatanti, non si dava importanza a questo tipo di situazioni. Oggi si, se ne parla e si deve parlare sempre di bullismo anche quando succedono piccolo episodi.

C'è un pattern, uno schema ricorrente che riscontrate negli episodi che coinvolgono baby criminali?

Vorrei poter dire con sincerità che è solo così. Che magari chi si rende responsabile di questi reati è un "figlio d'arte", appartenente a determinati contesti criminali e quindi in qualche modo nato in un ambiente in cui la criminalità è il pane quotidiano. Purtroppo non è sempre così. A volte registriamo anche gente di buona famiglia, figli di lavoratori che in qualche modo emulano queste persone perché si ha l'errato convincimento che chi è forte con le mani, con un coltello, anche con una pistola, è quello che poi ha veramente successo nel contesto sociale in cui vive.

Si è spesso parlato di togliere i figli ai camorristi. La ritiene una risposta adeguata?

Non credo ci sia una risposta che vada bene per tutti i casi. Sicuramente ci sono situazioni limite in cui questo va operato, però togliere un figlio alla famiglia è comunque un atto forte, che anche in un contesto criminale potrebbe creare delle situazioni di quelle che sono la cura. Andrebbe valutato caso per caso.

Spesso i baby criminali provengono da contesti degradati, in cui tutti sapevano tutto ma nessuno ha mai parlato.

Io faccio il capo della Mobile, mi occupo dell'aspetto repressivo. E c'è un singolare, triste primato: quando si tratta di casi di questo genere di violenza minorile, di contesti degradati in cui nascono crimini efferati, noi abbiamo un'altissima percentuale di risoluzione dei casi. Perché, quando succedono queste situazioni e interveniamo, ci viene molto semplice risolvere il caso e arrestare i responsabili: raccogliamo le testimonianze di quelli che sapevano, perché a quel punto la gente trova il coraggio per raccontare, per denunciare, e noi arriviamo subito a meta. Quello che dovrebbe essere veramente importante è la prevenzione, che non è quella fatta dalla Polizia con le auto per strada. È la prevenzione della gente che può stare intorno a questo genere di situazioni e può evidenziarle per tempo: lì, ci deve essere il vero intervento.

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