Incendio nel carcere di Nisida: detenuti bruciano materassi, 5 agenti intossicati
Un incendio si è sviluppato all'interno del carcere minorile di Nisida, a Napoli, dove due detenuti hanno dato fuoco a materassi e cuscini della loro stanza. Durante i soccorsi 5 agenti della Polizia Penitenziaria, intervenuti per aiutare i detenuti e per riportare la situazione sotto controllo, sono rimasti intossicati e sono stati accompagnati in ospedale; le loro condizioni non destano preoccupazione.
É accaduto nel pomeriggio di ieri, 12 dicembre, a renderlo noto è il sindacato Uspp (Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria). I due detenuti che hanno scatenato l'incendio, entrambi extracomunitari, soffrirebbero di problemi psichiatrici e sarebbero stati di recente trasferiti nella struttura napoletana, provenienti da un carcere minorile del nord Italia. Il rogo si è esteso rapidamente, sprigionando fumo che ha reso ben presto irrespirabile l'aria. I cinque agenti intervenuti sono riusciti a mettere in salvo i due detenuti ma sono rimasti intossicati e sono stati affidati per le cure del caso ai sanitari dell'ospedale San Paolo e del Fatebenefratelli.
Il sindacato, attraverso il presidente campano, Giuseppe Moretti, chiede lo stop a trasferimenti di detenuti minorenni da strutture del nord Italia e una diversa gestione dei percorsi riabilitativi:
Chiediamo fermamente che si ponga fine ai trasferimenti di detenuti minorenni dal Nord Italia verso le carceri campanenella gran parte dei casi si tratta di utenza straniera proveniente dalla Lombardia, dal Veneto, dal Piemonte o dall'Emilia Romagna, con spiccati problemi psichiatrici e di dipendenza, che manifesta, il più delle volte, il proprio disagio con atti di violenza nei confronti del personale o con gesti autolesivi. Utenza riluttante nei confronti di qualsiasi regola e/o offerta trattamentale, che difficilmente, o quasi mai, riesce ad integrarsi con quella del nostro territorio. L'escalation di violenza ad opera di questi detenuti nelle carceri campane rende vani i percorsi riabilitativi per gli altri detenuti minorenni, imponendo necessariamente dei modelli organizzativi più rigorosi improntati a separazione rigida tra gruppi per motivi cautelari e di sicurezza che difficilmente si coniugano con le esigenze trattamentali proprie del modello organizzativo minorile".