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In Campania affidato solo un immobile confiscato su tre: Comuni bloccati da burocrazia e paura

Il bunker di Zagaria, quello in cui il superboss dei Casalesi fu arrestato nel 2011, può essere rivenduto una volta sanato l’abuso edilizio: non è negli elenchi dell’Agenzia dei beni sequestrati, è sotto sigilli soltanto perché abusivo. È una delle situazioni paradossali che emergono dall’analisi della gestione dei beni confiscati alle mafie. In Campania soltanto un immobile su 3 di quelli offerti in gestione è stato riaffidato.
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Ci sono quelli diventati scuole, palestre, teatri, sedi di associazioni, aziende del comparto agroalimentare, del terzo settore, dell’economia green. Ci sono quelli distrutti dal tempo, dall’incuria, da acqua e fuoco mafiosi, da saccheggi. Ci sono quelli finiti nel limbo dei sequestri provvisori, in attesa di sentenze definitive che non si sa se e quando arriveranno. E ci sono quelli che non vuole nessuno: perché inutilizzabili o bisognevoli di restauri troppo costosi, oppure perché le condizioni territoriali sono ancora talmente compromesse dalla presenza dei clan da spaventare gli amministratori pubblici che dovrebbero prenderli in carico e destinarli a opere sociali.

Campania maglia nera: affidato solo un immobile delle mafie su 3

Le aride tabelle allegate all’ultima relazione dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati non entrano nel dettaglio geografico, non indicano la qualità degli ostacoli che impediscono la riqualificazione del patrimonio immobiliare sottratto a Cosa Nostra, camorra, ‘ndrangheta, mafia pugliese, clan laziali. Ma le cifre, nella loro asetticità, restituiscono un quadro nel quale la Campania, almeno tra il 2019 e il 2020, fa una pessima figura, talmente brutta da far suonare il campanello d’allarme. Vanta il primato negativo, infatti, dei beni immobili rifiutati dai Comuni: 746 quelli offerti in gestione (un quarto dei 2988 in tutta Italia) , 284 quelli realmente affidati. Appena il 33 per cento. E se la provincia di Avellino ha fatto l’en plein, con 41 offerte e 41 affidamenti, Napoli e Caserta sono state le più riottose: 381 offerte a Napoli (25 Comuni invitati alla conferenza dei servizi nella quale si definisce l’iter di assegnazione) e 133 destinazioni; 324 a Caserta (proposte fatte a 25 Comuni) e 110 assegnazioni.

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Oltre le cifre, le storie di quasi trent’anni di lotta ai patrimoni mafiosi. Un film nel quale la trama si sviluppa attraverso le immagini, che tante volte abbiamo visto, di ville di lusso, arredi costosissimi e di dubbio gusto, auto da collezione: la roba di capiclan e gregari, il segno di riconoscimento del rango raggiunto attraverso gli omicidi, le estorsioni, il commercio della droga, gli appalti pubblici… Sono le storie di immense ricchezze spesso trasformate in opportunità di lavoro e di sviluppo ma altrettanto spesso lasciate deperire.

Comuni assenti e finanziamenti revocati

Delle vicissitudini delle aziende agricole appartenute alle famiglie Schiavone e Zagaria, in provincia di Caserta, abbiamo più volte detto, ma non è tutto. Alle attività di disturbo, per così dire, messe in atto da fiancheggiatori del clan dei Casalesi, si deve aggiungere la neghittosità di alcune amministrazioni locali, poco sollecite nell’espletamento delle gare e nella conclusione dell’iter di affidamento dei beni a coop sociali o associazioni. Un esempio? È citato dall’amministratore del consorzio Agrorinasce, Gianni Allucci, in una nota inviata al prefetto di Caserta nello scorso mese di luglio. In quell’occasione Allucci aveva segnalato che il ministero dell’Interno aveva avviato la procedura di revoca del finanziamento di un milione e 400mila euro per la valorizzazione di terreni agricoli destinati alla fattoria sociale Meta, a Santa Maria la Fossa. Il motivo? La mancata risposta del Comune ai solleciti dello stesso ministero sulla ripresa del progetto, fermo da tempo. E ancora, la mancata approvazione, da parte dello stesso Comune, del progetto di valorizzazione del villaggio agricolo della Balzana, già finanziato con oltre quindici milioni di euro.

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Burocrazia lenta e farraginosa, scarso interesse, magari qualche complicità mai scoperta con i vecchi proprietari mafiosi, oppure di tutto un po’: vai a sapere qual è la verità, che sinora nessuno ha inteso cercare. Nel carnet dell’Agenzia nazionale, oltre ai numeri e alle statistiche, c’è anche uno spaccato dei ritardi della giustizia e di un’attività repressiva che, nella sostanza, in troppi casi finisce per fermarsi ai titoli dei giornali del dopo-arresto o, al massimo, di quelli della sentenza di primo grado.

Il bunker di Zagaria può essere messo in vendita

Un esempio per tutti: il patrimonio dei fratelli Grasso (li ricordate?), imperatori del gioco d’azzardo legale, padroni di migliaia di slot e soci di Sisal e Lottomatica, collegamenti con tutte le più importanti famiglie mafiose d’Italia, è tra quelli solo sequestrati. Il processo di primo grado si è chiuso, dopo dieci anni, con una sentenza di condanna. Il processo di appello non è stato mai celebrato.
Non c’è, invece, in quel carnet, la casa della famiglia Inquieto, a Casapesenna, con annesso bunker su rotaie. Mancano anche le abitazioni confinanti sulle quali era appoggiata la rete dei citofoni che consentiva al capo dei Casalesi, Michele Zagaria, di comunicare con amici e sodali senza essere intercettato. La casa di via Mascagni è stata, sì, confiscata ma solo perché abusiva. E quindi acquisita al patrimonio del Comune di Casapesenna.

Poco importa che proprio là sia stato arrestato Zagaria, il 7 dicembre del 2011; e che per questo Vincenzo Inquieto sia stato condannato, in via definitiva, per favoreggiamento aggravato. Quella sentenza non sarebbe un titolo sufficiente a trasferirne la gestione all’Agenzia nazionale. Un paradosso? Ancor di più perché, volendo, il Comune potrebbe tranquillamente sanare l’abuso edilizio e rivendere l’immobile. Bunker compreso.

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Rosaria Capacchione, giornalista. Il suo lavoro di cronista giudiziaria e le inchieste sul clan dei Casalesi le sono costate minacce a causa delle quali è costretta a vivere sotto scorta. È stata senatrice della Repubblica e componente della Commissione parlamentare antimafia.
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