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In Campania 1800 morti all’anno per cirrosi epatica e tumore al fegato: “Allarme steatosi nei giovani”

I dati presentati all’incontro “L’epatologia nel terzo millennio” promosso dall’Ospedale Villa Betania: “la steatosi epatica associata a sindrome metabolica può evolvere in cirrosi o tumore”
A cura di Pierluigi Frattasi
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Immagine di repertorio
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In Campania 1.800 morti all'anno per cirrosi epatica e tumore al fegato. Dei quali 1.200 nuovi casi di cancro al fegato diagnosticati solo nel 2021. Allarme soprattutto per i giovani, dove sono sempre più frequenti i casi di steatosi, ossia di fegato grasso, che possono portare a sviluppare malattie cardiovascolari e tumori. Sono preoccupanti i dati che emergono dal report che sarà presentato al convegno "L'epatologia nel terzo millennio", promosso dall'Ospedale Villa Betania, con responsabile scientifico il dottor Ernesto Claar, direttore dell'unità operativa di Epatologia del nosocomio napoletano. La dodicesima edizione è in programma all'Archivio di Stato di Napoli il 29 e 30 novembre.

Il rischio della steatosi al fegato: "Può portare al tumore"

Nell'incontro scientifico saranno affrontate le cause e le cure per le malattie mortali che colpiscono il fegato, dalla cirrosi al tumore. "Le malattie epatiche – spiega Claar – rappresentano una sfida cruciale per la salute pubblica e possono essere oggetto di prevenzione fin dalla giovane età". "La vera epidemia del terzo millennio – secondo gli organizzatori – è la malattia da fegato grasso (steatosi epatica) associata alla sindrome metabolica (obesità, diabete, alterato assetto lipidico); il 65% dei diabetici e l'80% degli obesi ha "malattia da fegato grasso" che, troppe volte, evolve inconsapevolmente in cirrosi epatica oppure in tumore al fegato".

"Il soggetto affetto da steatosi epatica con infiammazione (steatoepatite) – prosegue il report – ha un rischio cardiovascolare ed un rischio di sviluppare tumore al fegato enormemente più alto. La mancata consapevolezza dei danni procurati dall'alcol rischia di produrre danni irreparabili. Per l'alcol poi non esiste una quantità minima consentita: per gli esperti infatti andrebbe semplicemente evitato. Il fegato riesce a metabolizzare non più di mezzo bicchiere di vino ogni ora; a maggior ragione il consumo smodato e concentrato in poco tempo (il cosiddetto binge drinking) è particolarmente dannoso. L'alcol – conclude – rompe il normale equilibrio tra morte e rigenerazione cellulare del fegato, producendo danni a lungo termine, di cui la prima espressione è la steatosi epatica. Il fegato, apparentemente resiliente, presenta il conto dopo anni di abusi".

Per Emanuele Scafato, direttore dell'osservatorio nazionale alcol-centro Oms per la ricerca sull'alcol,

"l'impatto dell'uso di alcolici in Italia determina costi sociali e sanitari che sono il frutto della diffusa disinformazione sui danni che l'uso di vino, birra, superalcolici, amari, qualunque bevanda alcolica causa in vaste fasce di consumatori, prevalentemente le più vulnerabili come i minori e gli adolescenti, i giovani, le donne e gli anziani".

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