Parla Immacolata Iacone, vedova del boss Raffaele Cutolo: “Perché Rosetta non è stata benedetta in chiesa?”
"Mia cognata non ha ricevuto la benedizione in chiesa e hanno vietato i funerali pubblici, perché?". A piazza San Michele, cuore di Ottaviano, nel Napoletano, la campana suona per tutti. Non per Rosetta Cutolo. Il Questore di Napoli, com'è sua prerogativa, ha vietato i funerali pubblici e disposto la rimozione dei manifesti funebri. Dispositivo che nel comune Vesuviano non è tuttavia una novità.
Due anni fa quasi le stesse misure furono applicate per i funerali di Raffaele Cutolo, fondatore della Nco, Nuova Camorra Organizzata, il cartello criminale che negli anni '80 si rese protagonista della sanguinosa guerra di camorra contro la Nuova Famiglia. Il "Professore", come era soprannominato Raffaele Cutolo, morto in regime di carcere duro scontando diversi ergastoli, era il fratello minore di Domenica Rosa, ritenuta dai più alti vertici investigativi riferimento per la Nco, durante la detenzione di "Don Raffaè".
A essere morta il 14 ottobre 2023 è una donna che aveva pagato i suoi debiti con la giustizia. Stando al racconto della famiglia, «si dedicava al ricamo e ai nipoti, andava regolarmente a messa». Il ritratto che fanno non contempla tuttavia gli anni trascorsi, il ricordo della latitanza, di una parte della vita passata a nascondersi a Ottaviano. Per Rosetta Cutolo, a differenza del dispiegamento di forze previsto per il fratello, c'è una sola camionetta dei carabinieri a presidiare, poco distante dalla piccola piazza dove sorge la chiesa di San Michele, che è preceduta da una serie di bandiere di "Libera – Contro le Mafie".
Quando imbocchiamo il vicolo che conduce alla casa che fu di Rosetta Cutolo, nessuno ci ferma. La porta finestra dell'abitazione di Immacolata Iacone, moglie di Raffaele Cutolo, è aperta. Con la vedova del boss ci sono amici e parenti, accompagnati da un via-vai di persone. Entrano tutti pronunciando la stessa parola: "Condoglianze".
"Volevo chiarire questa situazione, ma è stato deciso così. Non siamo nessuno noi". Sono poche le frasi pronunciate da Immacolata Iacone prima di farci accomodare in cucina. Prepara un caffè e inizia a raccontare, accompagnata dai presenti, le ultime ore di vita e morte di Rosetta Cutolo. La chiama, complice forse anche la stanchezza, suocera. "Per me è stata praticamente una madre, vivo qui da quando ho 17 anni. Abbiamo avuto i nostri alti e bassi. In chiesa ci andava, prima della caduta".
Rosetta alcuni giorni fa era stata ricoverata in una clinica di Ottaviano a causa della rottura del femore. Era tornata a casa. Per poi morire, assistita soprattutto dalla cognata e dalla nipote, Denyse. "È appena andata a dormire", spiega sua madre. "Lei giocava con la zia, se l'è vissuta. Non bisogna essere condannati con un marchio, a causa di un padre, di una zia. Ha un bel carattere forte, prosegue Iacone, lei sa che non deve sentirsi "la figlia di". È stata vicino alla zia. L'ha accarezzata, le ha fatto le treccine. Per lei è stata una doppia sofferenza".
Denyse è la figlia di Immacolata Iacone e Raffaele Cutolo, concepita durante la detenzione del boss tramite inseminazione artificiale. Il padre l'ha visto un'ora al mese, attraverso un vetro e fino a quando la legge l'ha reso possibile, abbracciandolo per dieci minuti fino ai 12 anni. La madre mostra alcune foto di quella che oggi è una 16enne che ha ereditato il cognome e il corredo genetico, ma non il destino di suo padre, spiega Immacolata Iacone. Di questo si dice sicura.
"Rosetta è una persona che ha passato i suoi guai, volevamo dimenticare quella pagina. I nipoti, perché devono pagare loro? Perché devono portare questo marchio? Non auguro a nessuno di avere un dolore di questo genere. Lei è morta, chiudiamo questa parentesi. Non potevamo mettere i manifesti, non potevamo fare il funerale, non ha avuto la benedizione in chiesa. Siamo andati direttamente a cremarla, con i carabinieri avanti. Quel manifesto l'hanno vietato, continua Iacone, ma poi lo vedo su tutti i giornali".
Oltre la rimozione, i presenti a casa Cutolo sottolineano lo strappo di quel manifesto. A farlo è soprattutto la cognata di Rosetta. "La sofferenza che ti viene da dentro, non la auguro neanche a una mamma, a una moglie di chi ha deciso questa cosa. Come si sarebbero sentiti al mio posto? Ormai hanno pagato. Rosetta non aveva più niente a che fare con la legge", spiega Iacone. "Si era rimessa in carreggiata. Ha sbagliato a seguire il fratello. Non puoi sapere che conseguenze ti porta. Ha pagato la sua pena. Ma questo non significa strappare i manifesti e non avere la benedizione in chiesa. È inutile far pagare a una persona una pena, per poi marchiarla anche oltre la morte".
Non è la prima volta che a causa di un manifesto la famiglia di Raffaele Cutolo si trova travolta dalle polemiche. L'ultima risale alla messa, organizzata a un anno dalla morte del fondatore della Nuova Camorra Organizzata. In quell'occasione furono due le parole incriminate, accostate al nome del boss: "anima benedetta". "Un modello prestampato", spiega Immacolata Iacone che poi aggiunge: "A pagare quei manifesti, con i soldi presi dal suo salvadanaio, fu Denyse".
"Sul manifesto di Rosetta non c'era nessun nome, per evitare polemiche. Non auguro a nessuno di provare questa cosa, dopo la morte non c'è più niente. Sono loro a voler creare altri miti". Durante il suo racconto Iacone si ferma più volte, per stringere mani, rispondere alle condoglianze delle persone che entrano in casa. Ma poi torna sempre sullo stesso punto.
"Quello che hanno fatto con Cutolo, hanno fatto con Rosetta. Se vogliono troncare con queste cose, bisogna far vivere normalmente i figli e i nipoti. Stiamo parlando di una persona che è morta, non può reagire. Il manifesto non doveva essere staccato, doveva essere messo come per una persona normale".
Ripete poi più volte una frase: "Per amore di mia figlia io dico a tutti quanti di smettere con queste cose, di non seguire queste strade, non portano a niente. La sofferenza è uguale per tutti. Sul dolore non bisogna essere egoisti".
La casa di Immacolata Iacone si riempie. Durante il via-vai qualcuno racconta di come Rosetta, durante gli anni di detenzione, facesse tutti i corsi previsti per le detenute, in carcere. Per non perdere contatto con la realtà. Storie che si confondono con le ultime ore, passate in bianco, per un funerale concesso a pochissime persone, all'alba. Senza la benedizione del prete.
Dopo la morte del marito, fu proprio la moglie Immacolata, senza mai pentirsi di aver potuto amare un uomo solo poche ore al mese, a pronunciare queste parole a Fanpage.it: "Io voglio dire ai giovani di non seguire questi "miti" perché non serve a niente, la sofferenza è tale… è meglio la libertà che questa sofferenza in carcere. Perché non si arriva a niente, lui neppure ha vissuto un poco fuori".
Le ripete, anche se in modo diverso, mentre piange la morte della cognata, circondata da ricordi che ha faticato a collezionare, composti da poche foto del marito, ormai defunto. Tra questi non c'è la foto del matrimonio in carcere, senza nessuno dei loro affetti, all'Asinara. Una delle poche cose che ha sempre preferito non dare in pasto ai giornalisti. Ma che ora racconta in parte, cercando nei ricordi di una sposa che oggi è vedova.
"Il mio matrimonio è stato semplice. Raffaele venne vicino alla porta, stavo inciampando sul vestito, mi prese lui. Mi diede un bacio sulla mano e uno sulla fronte. E siamo andati all'altare. Dietro la sagrestia le mogli delle guardie penitenziarie ci hanno fatto una torta. Lui non mangiava un dolce da molto tempo, io feci finta che non mi piaceva. Mangiò anche la mia fetta. Non siamo stati da soli neanche per cinque minuti. Ero convinta sarebbe uscito dopo poco".
Cutolo invece a casa ci è tornato dopo molti anni, da morto. In mezzo una vita trascorsa in carcere, raccontata anche da libri e film di successo, che la moglie definisce "per la maggior parte invenzione". Che non restituiscono la complessità di una vita trascorsa in assenza, sottoposto al regime del carcere duro.
Mentre racconta di come le ceneri di Rosetta saranno posizionate accanto alla madre e al padre, come desiderava, è una la preoccupazione: sua figlia Denyse. "Inizia a fare domande. Non si accontenta delle risposte che le do, va poi a controllare lei, su internet. Mi dice che si ripetono sempre le cose. Ha rivisto con la zia quanto accaduto con suo padre". E più volte spiega che lei deve stare lontana da tutto questo.
Della latitanza e della storia di Rosetta Cutolo, legata a doppio filo a quella del fondatore della Nuova Camorra Organizzata, resta poco. Segreti che ormai nessuno può più rivelare. Sopravvivono un monito e un'immagine che la moglie e cognata dei due fratelli sceglie di consegnarci: "Non seguite questa strada". Poi racconti che si perdono lontano nel tempo a cui Immacolata Iacone risponde: "Non parliamo di queste cose, non ne so nulla".
Mentre l'ultimo dei visitatori lascia la casa della famiglia Cutolo, la campana torna a suonare. Chiama i cittadini di Ottaviano alla messa. Nessuna legge terrena e divina ha potuto e voluto far spalancare quelle porte nel giorno della morte di Rosetta, per concederle la benedizione. Anche se forse l'unico "giudice" temuto sia da lei che dal fratello Raffaele Cutolo, non conosce tribunali. Ha 16 anni, si chiama Denyse.