La storia del sequestro lampo del 15enne a Napoli: il rapimento, il riscatto e la liberazione

Il rapimento mentre andava a scuola, la casa di Barra usata come carcere, la liberazione nel primo pomeriggio, in un'area di servizio: storia frenetica del sequestro lampo che è andato in scena ieri mattina a San Giorgio a Cremano, in provincia di Napoli, e che ha visto un 15enne, figlio di un imprenditore, rapito mentre andava a scuola e forzato a salire in un furgone. Riscatto: un milione e mezzo di euro. L'epilogo nel giro di poche ore, quando il ragazzino è stato rilasciato, probabilmente perché i rapitori sentivano sul collo il fiato delle forze dell'ordine. Ed è scattato un fermo: un 24enne, ex dipendente dell'attività del padre della vittima.
"Il ragazzo sta bene – spiega a Fanpage.it l'avvocato Michele Rullo, che assiste la famiglia – non è stato maltrattato. Chiaramente a parte per le condizioni classiche di un sequestrato: è stato incappucciato e legato alla sedia, ma non lo hanno picchiato e non lo hanno trattato male nemmeno verbalmente".
Il rapimento del 15enne e la richiesta di riscatto
Il ragazzino è stato rapito a San Giorgio a Cremano, stava andando a prendere l'automobile 50 per andare a scuola nella vicina Portici. Sono arrivati con un furgone, almeno in tre, e lo hanno spinto dentro a forza. Il titolare di un bar vicino, sentendo il trambusto, è intervento ma non è riuscito a bloccare il gruppo. Pochi minuti dopo, il messaggio WhatsApp al padre. E il tenore è quello classico nelle storie dei rapimenti viste nei film: non avvisare la polizia, non gli accadrà nulla. E, ancora, la richiesta di riscatto: un milione e mezzo di euro.
Pochi minuti dopo in casa del ragazzo sono arrivate le forze dell'ordine, allertate da alcuni testimoni che avevano assistito al sequestro: gli agenti del commissariato di San Giorgio, della Questura di Napoli e i carabinieri della Tenenza di Torre Annunziata. A coordinare le indagini, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli; il sostituto procuratore Woodcock ha ascoltato il padre del ragazzino in Procura.
La chat tra il padre del ragazzino e i sequestratori
Per tutto il tempo il padre è stato in contatto coi sequestratori via chat. "Noi eravamo in questura – racconta l'avvocato Rullo – c'era una conversazione continua via chat col sequestratore. Dai primi momenti mandava messaggi, che venivano condivisi con la polizia e il pubblico ministero. Nel contempo c'erano frenetiche attività investigative. Dopo 5, sei ore la situazione è diventata molto più veloce: il rapitore, che inizialmente aveva detto che voleva soldi nel pomeriggio, ha cambiato idea, chiedendo che venissero consegnati entro mezz'ora. In quel momento abbiamo pensato che avessero perso il controllo, forse proprio per via dell'attività investigativa in corso. L'uomo ha detto che avrebbe rilasciato il ragazzino e che il padre avrebbe dovuto dare parte del denaro successivamente". All'appuntamento, però, sarebbe dovuta andare un'altra persona: ulteriore cautela dei sequestratori per evitare che l'uomo fosse seguito dalle forze dell'ordine.
La liberazione del 15enne rapito a Licola
"Lui inviava delle posizioni col cellulare: una volta Caserta, una volta Vomero, una volta Licola – prosegue l'avvocato Rullo – ha preteso che andassero persone diverse da me e dal padre perché sapeva che eravamo coi poliziotti e che ci avrebbero seguito. Chiaramente la Questura ha organizzato un servizio di scorta in borghese e quindi, arrivato a Licola, viene lasciato lì, si fa prestare il telefono da un passante e da lì a sette minuti arrivano gli zii, seguiti dalla Polizia. L'attività investigativa sicuramente è servita, anche se non sappiamo cosa è successo nei dettagli la nostra percezione è stata che in Questura fossero più che certi di quello che stavano facendo".
Quando sono arrivati gli zii il ragazzino era libero, incolume. È stato prima accompagnato a casa, perché la madre si sincerasse delle sue condizioni, e quindi in Questura, dove è stato ascoltato anche lui dagli inquirenti.
Il ragazzino tenuto in ostaggio a Barra: il racconto del sequestro
Il giovanissimo ha raccontato di essere stato portato in un'abitazione di Barra, periferia Est di Napoli, dove è stato legato ad una sedia e incappucciato e guardato a vista da almeno una persona. I sequestratori, ha spiegato agli inquirenti, lo hanno rassicurato: non gli avrebbero fatto del male. I sequestratori sarebbero stati tutti napoletani. Così come sarebbe napoletano, sebbene il nome tradisca un'origine straniera, il 24enne che è stato sottoposto a fermo mezz'ora dopo la liberazione. "Da quello che abbiamo ricostruito lui era nell'auto al momento del prelievo ed è stato il carceriere – spiega l'avvocato Rullo – la mente e il braccio del sequestro sono quindi altrove. È stato lui stesso ad indicare la casa del rapimento".
L'appartamento è stato individuato dalle forze dell'ordine, si trova poco distante dal luogo del rapimento, e sono stati trovati riscontri al racconto, come la sedia e il nastro adesivo; è intervenuta la Polizia Scientifica per i rilievi. "La famiglia – conclude l'avvocato Rullo – enorme gratitudine alle forze dell’ordine che, con encomiabile dedizione e abnegazione, hanno riportato a casa il piccolo e restituito la serenità a un’intera comunità, scossa da un fatto che, allo stato, non trova ancora una ragione comprensibile".