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Il parcheggiatore abusivo ucciso perché non voleva pagare il pizzo al clan D’Ausilio di Bagnoli

Gaetano Arrigo, il parcheggiatore abusivo ucciso nel 2016 a Bagnoli, fu ammazzato perché si era rifiutato di pagare la tangente al clan D’Ausilio, retto all’epoca dal figlio del boss evaso dal carcere. Emerge dall’inchiesta che ha portato a 15 arresti nel clan storicamente insediato a Napoli ovest, eseguiti dai carabinieri all’alba di oggi, 19 gennaio.
A cura di Nico Falco
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Ucciso perché si era rifiutato di pagare il clan, di versare la tangente ai D'Ausilio che, con il ritorno nel quartiere del figlio del boss, stavano riprendendo in mano tutto l'illecito. Estorsioni comprese, su qualsiasi attività che potesse far circolare denaro: gli imprenditori e i commercianti, ma anche prostitute e parcheggiatori abusivi. L'indagine dei carabinieri, sfociata negli arresti di stanotte, fa luce anche sull'omicidio di Gaetano Arrigo, il 43enne ammazzato quattro anni fa perché si era rifiutato di versare la tangente al gruppo guidato da Felice D'Ausilio.

È il 17 giugno 2016, notte tra giovedì e venerdì. Sera d'estate, Bagnoli è come al solito invasa di giovani e meno giovani diretti verso le discoteche. E le strade che portano ai locali sono una miniera d'oro: tre, cinque euro, per avere il permesso dall'abusivo di turno di lasciare l'automobile davanti a un portone, su un marciapiedi, incastrata tra un muro e un'altra automobile. Tra i parcheggiatori della movida di Bagnoli c'è anche Gaetano Arrigo.

A Bagnoli scontri tra D'Ausilio e Giannelli

È un periodo di guerra, per Bagnoli. Alessandro Giannelli è stato arrestato quattro mesi prima, a febbraio, mentre cercava di fuggire in autostrada. Per gli inquirenti è il regista di mesi di terrore, in cui il suo gruppo avrebbe provato a conquistare l'area flegrea a colpi di alleanze e kalashnikov. Felice D'Ausilio, figlio del boss Mimì lo Sfregiato, è invece appena tornato in libertà. Con una fuga dal carcere che ha dell'incredibile: detenuto in Sardegna, "fine pena mai", ottiene un permesso per tornare a Napoli per fare visita alla sorella. Senza scorta, senza nessun tipo di controllo, con l'unico obbligo di presentarsi in commissariato. Si imbarca sulla nave, arriva al porto, sparisce.

Feliciello, 36 anni, un cognome che fa ancora paura e niente da perdere, ha le idee ben chiare: si vuole riprendere Bagnoli. Comincia dalle estorsioni, la vera legittimazione del clan sul territorio. Tutti devono pagare: imprenditori, commercianti, fino a prostitute e parcheggiatori abusivi. Arrigo, però, è un fedelissimo di Giannelli e proprio per la vicinanza con "‘o Sfarz" gli è stato assegnato quel posto davanti alle discoteche, e non ha nessuna intenzione di cedere parte dei suoi guadagni ad altri.

Gaetano Arrigo
Gaetano Arrigo

Parcheggiatore ucciso per non aver pagato la tangente al clan

Venerdì, mezzanotte appena passata, i sicari sanno che Arrigo è lì, al lavoro tra via Cattolica e via Coroglio. Gli si avvicinano e gli sparano. Pochi secondi dopo arriva la telefonata alle forze dell'ordine: "Hanno sparato a un uomo davanti al Riva". La prima a intervenire è una volante del commissariato Bagnoli. Arrigo è ancora vivo, rantola, ma tutti i tentativi di soccorso sono inutili: muore tra le braccia dei sanitari. L'agguato è una punizione, ma anche un messaggio: "Adesso comanda Feliciello".

Le settimane successive sono un susseguirsi di "stese", di intimidazioni ai commercianti, di pestaggi. Feliciello, però, non si vede mai in giro. O forse si. Tutti lo hanno visto, ma nessuno è sicuro. Si dice che abbia cambiato faccia, che sia dimagrito dopo la lunga detenzione. Che giri tranquillamente per Bagnoli, ormai irriconoscibile. E che si muova solo scortato, nell'automobile blindata preceduta dagli scooter. Che sia tutto inventato, che sia tutto vero.

Si dice tutto e il contrario di tutto, leggende che si mescolano alla realtà e rifondano il mito del boss fantasma. È la "restaurazione" della camorra di Bagnoli, il ritorno sul trono dell'erede di quel capoclan che per decenni aveva dettato legge sul quartiere dell'area occidentale e mirava a mettere le mani anche sui soldi della bonifica dell'ex Italsider. Fino al 19 dicembre, quando Felice D'Ausilio viene scovato dai carabinieri della Catturandi in un covo di Marano, con una 50enne a fargli da vivandiera. Non è armato, non oppone resistenza. Nel covo ha la PlayStation, sulla tavola apparecchiata c'è un piatto di pesce spada e dei roccocò. E un giornale di un paio di giorni prima, aperto sulla pagina dell'arresto di Salvatore Barile, latitante del clan Mazzarella.

Felice D'Ausilio
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