Formalmente tutto fila. Ci sono poliziotti, carabinieri e finanzieri ad ogni angolo di strada. Una palestra con judo, boxe e piscina perché se sfoghi sul tatami, sul ring o in acqua non lo fai in strada. Tutto fila: i concerti, l'annuncio di una facoltà dell'Università, tanti ministri che ogni mese si fanno vedere da queste parti. Tutto è a posto. Non c'è il comune, ma una struttura commissariale. Le case occupate irregolarmente vengono sgomberate e va tutto bene. È giusto perché così dice la legge. E se non hanno diritto, beh, non hanno diritto.
Menomale: tutto fila, tutto torna, tutto si tiene. Ma se è così facile, se è così immediato, se è così lineare, ditemi, perché ancora oggi a varcare la soglia del Parco Verde di Caivano, provincia di Napoli, Sud Italia, Europa, per chiunque non ci sia nato o ci viva, sembra di andare davanti alla barriera dell'inesplorato, l'hic sunt leones delle antiche mappe?
A sentire don Maurizio Patriciello, il parroco della chiesa del Parco Verde, ormai amico fidato della premier Giorgia Meloni stavolta siamo sulla strada giusta per bonificare il rione. Nessuno farà l'errore di non credere al prete che lì vive e opera. C'è però da chiarire una cosa: il sacerdote che sguardo ha sull'insieme? Perché dichiarare come ha fatto oggi, in commissione parlamentare antimafia: «Il Parco Verde non è più piazza di spaccio» cozza pesantemente contro ogni evidenza. Ci sono stati pesanti blitz e indagini nell'ultimo periodo ma il mercato della droga in tutto l'hinterland napoletano si sposta e trova nuove strade. Se non è Caivano è Melito, se non è Melito è altrove, ieri era la 167 di Scampia oggi è il Parco Verde di Caivano, domani la 219 di Melito. Se occorreva vendersi lo slogan «via la droga da questi palazzi» allora può andar bene. Ma non stai cancellando niente: stai solo spostando il problema in un'area di cui ti occuperai tra vent'anni.
Il metodo Meloni cosa prevede? Fare del Parco Verde un esempio (qualcuno l'ha chiamata "Melonia"). E come? Imbottire l'area di forze dell'ordine con blitz a cadenza mensile, palestre e scuola. Può essere un inizio. Sicuramente lo è. Ma poi? Disinfettare lo squarcio che si è aperto tra il territorio e le istituzioni non cancella certo l'infezione, profonda, che si è creata in questi anni e che riguarda un territorio ben più vasto di quella piccola porzione di un comune dell'area metropolitana. E soprattutto: trattare la gente del Parco Verde come degli appestati a chi giova?
Patriciello giustifica così: «In un solo anno Caivano non può diventare il paradiso». Ha ragione. Sicuramente non può diventarlo, semmai ambisse a farlo. Logicamente però occorrerebbe anche evitare le passerelle ministeriali e attendere i frutti di un silenzioso lavoro: magari qualcuno lo riferisca a Palazzo Chigi.
Riferendosi alle vicende di sangue tra Napoli e provincia che riguardavano minorenni, il sacerdote sotto scorta afferma: «Gli ultimi omicidi non dimostrano il fallimento del modello Caivano». E in effetti più che di fallimento occorre parlare di inefficacia: non è blindando un unico rione che si trova la ricetta per la rinascita di un territorio che resta senza lavoro e senza servizi. Il sistema camorristico non si muove solo su Caivano: Meloni lo sa? Intorno alle mille Caivano d'Italia altri parchi dell'illegalità crescono. Dirlo – come fa anche Roberto Saviano – non significa remare contro. Significa tenere gli occhi aperti, sempre.