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Omicidio di Emanuele Tufano

Il male minore. Cosa c’entra il turismo di Napoli con l’omicidio di Emanuele Tufano e i baby killer

Non poteva succedere ovunque e no, non è colpa del turismo. L’omicidio di un ragazzo di 15 anni nella Napoli di oggi merita di essere analizzato meno superficialmente.
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Il placido sillogismo è questo: Napoli è piena di turisti, il turismo fa fare i soldi, coi soldi regna la camorra. Com'è facile e com'è rassicurante. E falso. Ricordiamoci di ricordare. Anni Ottanta, guerra tra cutoliani della Nuova Camorra Organizzata e il cartello della Nuova Famiglia; anni Novanta, faida tra clan Giuliano di Forcella e l'Alleanza di Secondigliano; anni Duemila, faida di Scampia e poi la Paranza dei bambini al centro storico. Negli ultimi quarant'anni Napoli ha avuto fasi in cui soltanto pensare che la città potesse essere un luogo di turismo di massa scatenava battute e ironie. La città piena di munnezza o in cui una ragazza può morire perché colpita da un proiettile vagante (Annalisa Durante). Che turismo vuoi sperare?

Eppure quel "male minore", minore perché le mani armate sono quelle di ragazzini e perché per decenni è stato sottovalutato, esisteva, eccome, in quegli anni. Dunque no, non è il turismo che porta più criminalità giovanile. Perciò tutti innocenti? È successo a Napoli ma poteva succedere ovunque? No, non possiamo concedere nemmeno quest'altro pensiero rassicurante.

Che tribù feroce, stupenda e misera, contraddittoria. Nei giorni in cui al rione Sanità c'è un altro morto bambino, Emanuele Tufano, classe 2009, si gira una fiction in cui si racconta «il miracolo del rione Sanità» col prete buono che recupera i guaglioni malamenti e li rimette in riga e tutt'intorno un odore di pizza e pasticcini in mezzo a tanti vicoli colorati.

Ma se davvero è miracolo al rione, allora tocca reclamare col Padreterno: s'è scordato di Emanuele di tanti altri. O forse no, forse questa storia fa parte dell'inevitabile. La percezione di molti è che tutto sommato i protagonisti di certe vicende di cronaca nera siano gli irrecuperabili di Napoli. Come quel residuo della spazzatura che non viene differenziata ma resiste pure alle fiamme degli inceneritori e può essere solo sotterrata. Cinico ma rassicurante, no? C'è una percentuale di male che purtroppo esiste ma trionfa il bene. No, spiace dirlo, nemmeno questo è vero.

Nei decenni passati a raccontare la città di dio, ad ascoltare storie di ragazzi morti e condannati a spiegarsi chi fossero «buoni e malamenti» c'è un pattern ricorrente: famiglie irrecuperabili vivono in quartieri irrecuperabili e fanno cose irrecuperabili.

Gli strumenti istituzionali di individuazione dei problemi e di eventuale recupero sono spuntati, non sono ben finanziati e spesso  assolutamente incapaci di correre dietro ad un mondo sotterraneo che vive di messaggi mandati via Tiktok, di gesti e gergo, luoghi e riferimenti che cambiano in continuazione.

Torniamo all'inizio. Se il sillogismo criminalità-turismo non è così scontato, cosa possiamo dire di questa precisa fase di Napoli?

Che i soldi della Napoli milionaria di oggi non passano per le mani giuste. Che se è vero, com'è vero che qualcuno «fa i miliardi» ebbene, questa ricchezza non arricchisce né migliora il tessuto sociale della città.
È predatoria, veloce e sommersa per quanto evidente e scintillante, in alcuni casi assolutamente legale e legittima ma per gran parte se ne fotte di chi popola quei vicoli fonte di ricchezza.

Lo stato di cose presenti va bene a tutti. Chi ha il vizio di ricordare si sente esattamente come il don Gennaro Jovine di Napoli Milionaria guardando i pacchi di soldi che donna Amalia ha fatto con la borsa nera.

Sappiamo che quei soldi sono buona cosa per campare giorno dopo giorno ma che ad arricchirsi contro gli altri c'è sempre qualcuno che paga un prezzo. Anche stavolta lo paga la città.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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