Campi Flegrei, ora sappiamo cosa ha scritto la Commissione Grandi Rischi: ecco il verbale
Sei paginette dattiloscritte: non ci voleva tanto a pubblicarle sul sito della Protezione civile o a fornirle agli addetti ai lavori, ai media e ai parlamentari. Eppure il cosiddetto «verbale di sintesi» della Commissione Grandi Rischi-SRV stilato al termine del vertice tenuto il 27 e 28 ottobre 2023 sulla situazione della caldera dei Campi Flegrei, in provincia di Napoli, è diventato una sorta di leopardo delle nevi: per farlo realmente sbucare e renderlo visibile c'è voluto un po'.
Il motivo? Non c'è. Perché nell'atto firmato da quella che formalmente è la «Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi – Settore Rischio Vulcanico» non vi è niente di segreto, di occulto o di tale da minare la sicurezza nazionale. È solo il lavoro di tanti esperti che a vario titolo e con varie competenze si «preoccupano di preoccuparsi», ovvero analizzano i rischi di situazioni come il bradisismo nella zona vulcanica fra Napoli e Pozzuoli meglio conosciuta come «la caldera dei Campi Flegrei».
Due i giorni di lavoro, dicevamo, cui hanno preso parte esperti internazionali come Christopher Kilburn, docente di Vulcanologia all'University College London, tantissimi studiosi dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia, fra cui il direttore del Dipartimento Vulcani Augusto Neri e altri numerosi, importanti e valenti studiosi Ingv in forza all'Osservatorio Vesuviano, più i capi dipartimento della Protezione Civile nazionale e della Regione Campania. Obiettivo: la palese necessità di un ulteriore approfondimento tecnico-scientifico sui Campi Flegrei alla luce dei terremoti, dell'innalzamento del suolo più veloce e di tutto ciò che ruota intorno al bradisismo e agli sciami sismici in un'area fortemente antropizzata.
Tutta la discussione dell'ultima settimana è ruotata intorno alla domanda: i Campi Flegrei passano da livello giallo a livello arancione di attenzione? Ovvero: stanno per esplodere? È il quesito più popolare, quello che si definisce «domanda sociale». È anche il più ovvio, se si considera che mezzo milione di persone vive in quell'area. La domanda è semplice, la risposta non lo è. Perché non esistono previsioni, semmai scenari possibili.
Un'eruzione a Pozzuoli non c'è dal 1538, l'ultimo fenomeno bradisismico c'è stato negli anni Ottanta. È vero che in alcune aree sarebbe stato fondamentale non edificare né favorire la creazione di insediamenti abitativi ma è ora necessario ragionare sulla situazione attuale, non su una ottimale e ipotetica.
La colorata e colorita chiacchiera sulle "cinquanta sfumature d'allerta flegrea", dal verde al rosso, non ha favorito la chiarezza. Le sei pagine della Grandi Rischi, seppur tecniche, contendono un elemento fondamentale: il dubbio. Fattore al centro di ogni analisi scientifica. Le cose potranno andare peggio? È possibile e ci sono degli elementi. Ma non sono univoci: potrebbe anche andare diversamente, del resto la storia dei Campi Flegrei ci ha abituati anche a questo.
Soltanto i dati, il monitoraggio continuo, costante, uniforme, capillare e avanzato può aiutare. E darci del tempo: cioè garantire una finestra (alcuni dicono sufficiente, altri dicono minima) fra gli elementi inequivocabilmente premonitori e il disastro.
Il capitolo «possibile accadimento di esplosioni freatiche» nel verbale parla dei dati raccolti di recente:
Confermano la centralità del sistema Solfatara-Pisciarelli nel possibile accadimento di un’esplosione freatica, il cui scenario di impatto sarebbe da approfondire in dettaglio a breve termine dalla Commissione Grandi Rischi.
Al tempo stesso, appare importante promuovere con urgenza una discussione critica sui possibili segnali premonitori di tale attività, e sulla capacita dell'attuale sistema di monitoraggio di rilevarli, evidenziando la necessita di eventuali implementazioni.
Quindi serve ampliare la rete di monitoraggio: è un primo elemento chiaro.
Altre questioni importanti? Il capitolo «Evidenze emerse in riferimento all’evoluzione del fenomeno bradisismico». Si basa sulle presentazioni illustrate nella due-giorni, quelle di Neri e Kilburn dedicate «all’illustrazione di modelli improntati all’analisi temporale dei parametri della sismicità e della deformazione, anche al fine di formulare previsioni sull’evoluzione del processo di fratturazione».
Pur seguendo approcci diversi, i due modelli si sono mostrati concordi nell’evidenziare che il processo di fratturazione della crosta, anche in presenza degli attuali tassi di deformazione, possa subire un'ulteriore accelerazione fino al raggiungimento di condizioni definite come “critiche” sulla base di modelli noti in letteratura come Failure Forecast Model.
Di che parliamo? Cos'è questo «modello di Failure Forecasting» o «previsione del fallimento»? È un tipo di approccio usato in geologia e sismologia per analizzare la sismicità e la deformazione della crosta terrestre. Semplificando molto: il modello si basa sulla teoria che, in determinate condizioni, la crosta terrestre può raggiungere uno stato critico di stress tale da innescare un evento sismico o un altro tipo di rottura. È chiaro che vi sono tante altre implicazioni e complessità: per questo a tavoli del genere siedono i massimi esperti della materia.
Si legge ancora in queste pagine di verbale:
Tali condizioni potrebbero presentarsi in un orizzonte temporale compreso tra alcuni mesi e pochi anni.
Pur non essendo state chiarite quali potrebbero essere le implicazioni fenomenologiche di tale processo di rottura della crosta superficiale, non si può al momento escludere che lo stesso possa favorire o innescare processi quali sismicità significativa, manifestazioni freatiche, e risalita del magma verso la superficie.
Quest'ultimo è un passaggio molto importante: noi non sappiamo se queste condizioni porteranno a terremoti di magnitudo significativa (fra 4 e 5 scala Richter, spiegano i sismologi) a risalita di magma o manifestazioni freatiche (ovvero che coinvolgono l'acqua che giace sotto la superficie terrestre). E non sappiamo quando accadrà. Ma – dicono gli esperti – potrebbe accadere. Dunque propongono: vogliamo valutarlo come scenario e prepararci al meglio?
Altro elemento è la riflessione «sull’efficienza del sistema di monitoraggio». Viene chiesto di implementarlo, soprattutto fino ai 4 chilometri sotto il livello del suolo dell'area oggetto d'esame:
Si suggerisce pertanto a INGV-OV di approfondire in modo quantitativo la capacità cogliere l’inizio del fenomeno di eventuale risalita del magma, soprattutto tra i 4 km di profondità e la superficie.
In particolare, tra le varie attività possibili, che comunque rimangono a discrezione dell'INGV-OV, si suggerisce di effettuare test sintetici e simulazioni volti ad evidenziare la risposta (capacita deduttiva spaziale e temporale; spostamenti minimi, tempi minimi) delle singole combinazioni/integrazioni.
Infine, il passaggio oggetto di maggiori speculazioni. Nel comunicato stampa del Dipartimento della Protezione Civile, diffuso col sì del ministro Nello Musumeci, si parlava di «eventuale necessità di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore». Ma il pensiero della commissione è – manco a dirlo – più articolato:
In base a quanto emerso, la Commissione Grandi Rischi ritiene che il quadro complessivo non sia di univoca interpretazione, ed esprime comunque la preoccupazione che i processi in atto possano evolvere ulteriormente, anche in tempi brevi se confrontati con quelli previsti dalla pianificazione di emergenza vulcanica.
Pertanto, anche in considerazione delle nuove evidenze di possibile coinvolgimento di magma nel processo bradisismico in atto, la Cgr/Srv ritiene opportuno che sia le attività di monitoraggio da parte dei centri di competenza, sia le attività di prevenzione da parte delle varie componenti del sistema di protezione civile, si intensifichino ulteriormente e si preparino all'eventuale necessita di passare rapidamente verso un livello di allerta superiore.
C'è uno scenario espresso. E nello scenario – preoccupante, assolutamente – viene però giudicato come «opportuno» (attenzione alla scelta delle parole) intensificare le attività di prevenzione. Perché, ove mai la situazione si dovesse evolvere ci sarà da passare rapidamente da un livello all'altro. È il responso di decine di tecnici e studiosi che sono lì per tracciare scenari preoccuparsi e approfondire. Forse diffondere prima il verbale avrebbe evitato una settimana di speculazioni e tensioni.