Il killer di camorra si laurea in carcere: nella tesi autobiografica confessa altri tre omicidi
"Fascinazione criminale": è il nome della tesi di laurea che Catello Romano ha discusso davanti alla commissione, diventando dottore in Sociologia della sopravvivenza, con 110 e lode e pubblicazione. È una sorta di racconto autobiografico, con fatti reali: il 33enne è da 14 anni detenuto ininterrottamente nel carcere di Catanzaro, sta scontando 30 anni di reclusione per l'omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino, ucciso nel centro di Castellammare di Stabia il 3 febbraio 2009. E nella tesi ha confessato altri tre omicidi per i quali non è stato mai processato: quelli di Carmine D'Antuono e Federico Donnarumma, uccisi il 28 ottobre 2008 a Gragnano, in via Castellammare, e di Nunzio Mascolo, ucciso il 5 dicembre 2008.
Il killer di camorra si laurea con la tesi autobiografica
La seduta di laurea, come raccontano Repubblica e Il Mattino, si è tenuta ieri nel carcere di Catanzaro, relatore il professor Charlie Barnao dell'Università di Catanzaro. "Mi chiamo Catello Romano. Ho 33 anni e sono in carcere da 14 anni ininterrotti – si legge nella tesi – ho commesso crimini orrendi e sono stato condannato per diversi omicidi di camorra. Quella che segue è la mia storia criminale". "Ho creduto di mettere in atto, attraverso questo lavoro – prosegue Romano nella tesi – almeno in una certa misura, un'opera di verità e riparazione, non oso dire giustizia, nei confronti di chi è stato direttamente colpito dal mio agito deviante", rivelando "fatti e circostanze che, ancora oggi, a distanza di tantissimi anni, non hanno mai avuto un seguito giudiziario e, dunque, di appuramento di mie responsabilità penali davanti a un regolare tribunale".
L'ex killer della camorra sostiene nella tesi che "il crimine esercita una profonda fascinazione nei confronti dei giovani", arrivando a "sostituire la famiglia d'origine". Ad influenzare la sua formazione sarebbero stati prima il protagonista de "Il Camorrista", il film sulla vita di Raffaele Cutolo, e successivamente Renato Cavaliere. Per il professor Barnao "il senso profondo di questo percorso sta già nel fatto di essere arrivato a raccontare, nel dettaglio, circostanze che avranno delle conseguenze, pur di riuscire a mettere ordine, una volta e per sempre, nella propria vita".
L'omicidio del consigliere Tommasino a Castellammare di Stabia
All'epoca dell'omicidio di Tommasino, ucciso mentre era in auto col figlio minorenne, Romano era un fedelissimo di Renato Cavaliere, allora reggente del clan D'Alessandro e oggi collaboratore di giustizia. I motivi di quell'agguato non sono stati ancora chiariti; diversi anni dopo Cavaliere dirà che il consigliere "fu ucciso poche ore prima di un appuntamento che aveva con due imprenditori per l'affare parcheggi. Stava facendo troppi soldi e non voleva dare niente alla camorra stabiese". Ricordando i momenti dell'omicidio, Romano spiega di avere cercato di fermare i killer che erano con lui e che materialmente spararono, indicando la presenza del figlio adolescente della vittima nell'automobile, ma che i complici non capirono e aprirono il fuoco.
Romano era stato arrestato nell'ottobre del 2009 insieme agli altri presunti componenti del commando, indicati come autori dell'omicidio di Luigi Tommasino e di altri agguati per conto del clan D'Alessandro. Lui e Cavaliere avevano manifestato subito la volontà di collaborare ed erano stati portati in luogo protetto; l'allora 19enne aveva confessato gli omicidi di Donnarumma, D'Antuono e Mascolo salvo poi cambiare idea subito dopo e fuggire, calandosi da una finestra dell'albergo di Brindisi dove si trovava, sorvegliato dalle forze dell'ordine. Era stato riacciuffato dopo alcune settimane di latitanza ma non ha voluto più proseguire con la collaborazione.
I tre omicidi confessati nella tesi di laurea
Raccontando dell'agguato a Carmine D'Antuono e Federico Donnarumma, Romano lo definisce "l'evento più violento, traumatico, irrimediabile della mia vita". Racconta, come si legge negli ampi stralci riportati da Repubblica, di avere coinvolto una delle sorelle negli appostamenti, dopo averle raccontato di voler farsi vedere in giro con lei per far ingelosire la fidanzata. E spiega che Donnarumma non doveva essere ucciso: "Non so perché, non l'ho capito e non me ne capacito ancora, ma sparai anche a lui". Il terzo omicidio confessato è quello di Nunzio Mascolo, ucciso a Castellammare di Stabia.