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Il figlio muore in un incidente, coi soldi dell’assicurazione crea un clan per vendicarsi

I carabinieri hanno sgominato un neonato clan a Castel Volturno (Caserta); il presunto capo, mosso a suo dire dal desiderio di vendetta per la morte del figlio, avrebbe invece cercato di gestire il traffico di droga nella zona.
A cura di Nico Falco
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Il figlio era morto in un incidente stradale causato da persone che si erano messe al volante dopo aver assunto droga e da quel momento era cominciata la sua missione: vendicare il ragazzo combattendo i cartelli della droga a Castel Volturno (Caserta). Genesi romantica da film, ma per gli inquirenti la realtà era ben diversa: Antonio Fucci, 44 anni, finito in manette ieri, aveva sì deciso di entrare in contrasto con chi vendeva droga in quelle zone, ma perché ne aveva formato un suo clan e voleva assumere il controllo del traffico sul litorale. Il retroscena è stato ricostruito dagli inquirenti, che individuano l'uomo come capo del gruppo che per mesi ha seminato il terrore nel litorale domitio.

Nuovo clan sfida i Casalesi a Castel Volturno, 4 arresti

La banda è stata sgominata ieri, 14 febbraio, dai carabinieri dai carabinieri di Mondragone, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere. Le accuse sono, a vario titolo, di rapina, estorsione, sequestro di persona, con le aggravanti di avere agito per motivi abbietti, con l'uso delle armi e col metodo mafioso. Il nuovo gruppo criminale, hanno rivelato le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, puntava al controllo delle attività illecite a Castel Volturno, in contrapposizione con gli affiliati al cartello dei Casalesi. Destinatari di misura cautelare sono Antonio Fucci, Giovanni Arno, 19 anni, Ciro Piscopo, Luigi Marano, 48 anni, Ciro Castaldo, 52 anni, e Giovanni Piscopo, 36 anni.

Diventa criminale per "vendicare la morte del figlio"

Fucci entra nei radar delle forze dell'ordine a partire da un episodio del 13 agosto 2021, quando alcune persone fanno irruzione in un negozio di biciclette di Castel Volturno. Il gruppo, arrivato con due automobili, è composto da napoletani e da neri, armati di mazze da baseball. Nel corso delle indagini per risalire ai responsabili i carabinieri fermano una Fiat Panda e identificano i tre a bordo: si tratta di Giovanni Piscopo, Giovanni Arno e Antonio Fucci, genero di entrambi.

Fucci, in quella circostanza, si assume la responsabilità di quel raid. Si qualifica come "Antonio mano mozza", parla di una "missione" di combattere i cartelli della droga a Castel Volturno per vendicare la morte del figlio e dice di essere stato uno degli organizzatori di quel raid, messo a segno perché, a suo dire, una delle vittime è vicina al giro di spacciatori della zona e aveva aggredito i nipoti.

Da allora si verificano diversi episodi criminali e le indagini portano sempre verso questo gruppo neonato. Ma non sembrano opera di una banda di "giustizieri", anzi: rapine, estorsioni anche ad attività commerciali, danneggiamenti, violenti pestaggi e anche il sequestro di un uomo, che viene tenuto rinchiuso in un'abitazione per giorni e picchiato. Mentre il nuovo clan spadroneggia, Castel Volturno ripiomba in un clima di terrore.

La presunzione di impunità è tale che, come all'epoca aveva raccontato sul mattino Mary Liguori, tracciando i contorni di questo nuovo gruppo criminale, la banda per un una mezz'ora tiene sotto scacco un intero rione, allestendo posti di blocco e fermando chi entrava e usciva alla ricerca di un non meglio precisato obiettivo; a quel raid avrebbe partecipato anche un pregiudicato dell'area nord di Napoli, piccolo truffatore con un debole per TikTok, che sul social spesso pubblica anche video in cui mostra come raggira anziani a cui vende frutta; l'uomo sarebbe rimasto vicino a Fucci per un certo periodo salvo poi allontanarsi.

Il nuovo clan finanziato coi soldi dell'assicurazione

A fare luce sul reale obiettivo di Fucci, come si legge nell'ordinanza eseguita ieri, è proprio il genero, Piscopo, che ad un certo punto prende le distanze dal gruppo perché non vuole avere problemi con la giustizia. Racconta che il 44enne non aveva nulla a che vedere con la criminalità fino alla fine del 2020, quando era morto il figlio. Da quel momento, saputo che il conducente dell'automobile aveva assunto stupefacenti, aveva detto che si sarebbe dedicato a contrastare tutti gli spacciatori di Pescopagano, Villaggio Coppola e Ischitella di Castel Volturno.

Il suo piano, però, andava oltre: il suo obiettivo era sì di osteggiare gli affiliati ai Casalesi, ma prendendone il posto. Voleva essere l'unico fornitore di droga delle piazze di spaccio, che avrebbe fatto arrivare da suoi contatti da Afragola, o, in alternativa, che gli spacciatori gli pagassero una tangente. La cassa del clan era stata il premio assicurativo per la morte del ragazzo: oltre un milione di euro, che erano serviti per finanziare soprattutto il manipolo di mercenari venivano assoldati per i raid, prima ingaggiati per la singola azione, poi entrati a far parte come presenza fissa del gruppo.

Il racconto del genero, rileva il gip nell'ordinanza, combacia con quanto fino a quel punto risulta ai carabinieri, oltre alle partecipazioni ai raid e alle aggressioni. Le parole di Piscopo confermano che Fucci, che dispone di molte armi e non si fa scrupolo di usarle, ha avviato una piazza di spaccio, per la gestione della quale ha ottenuto il placet dei Casalesi (e in particolare di Giosuè Fioretto e di Vincenzo Cirillo, detto il Sergente, il primo capozona e l'altro esponente di spicco dei Bidognetti.

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