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Il complice non gli paga l’avvocato, detenuto del clan si lamenta: “Gli faccio fare 20 anni di carcere”

In una telefonata intercettata un affiliato al clan De Martino chiede al figlio di portare la “imbasciata” al gruppo criminale: nessuno sta sostenendo le sue spese legali.
A cura di Nico Falco
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Immagini di repertorio
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Era finito in carcere ma il clan non aveva rispettato la promessa di pagargli un avvocato. Così Giuseppe Velotti era passato agli avvertimenti: non aveva intenzione di pentirsi, ma voleva che un altro affiliato, che aveva commesso reati insieme a lui e di cui non aveva fatto il nome ai magistrati, provvedesse al pagamento, altrimenti lo avrebbe denunciato con la possibilità di fargli incassare una pesante condanna. L'intercettazione, che risale a quando Velotti era detenuto, è integrata nella corposa ordinanza contro il clan De Martino di Ponticelli, alias gli "XX", sfociata nel blitz da 60 arresti dello scorso 3 ottobre.

Velotti è tra i destinatari di misura, per lui il gip ha disposto il carcere: secondo le accuse ha "collaborato direttamente e personalmente con i vertici dell'organizzazione, svolgendo funzioni operative in tutti i settori criminali di interesse del gruppo, in particolare per la fornitura di armi e le estorsioni, curando gli interessi dell'organizzazione e continuando a percepire lo stipendio durante lo stato di detenzione mediante l'utilizzo di un telefono cellulare".

L'intercettazione risale al 30 maggio 2021, all'epoca Velotti è in carcere ma ha un telefono cellulare. L'uomo, parlando col figlio, si lamenta del fatto che nessuno si sia preoccupato del suo sostentamento e gli dice di portare un suo messaggio a Giovanni Braccia (anche lui tra i destinatari delle misure cautelari in carcere eseguite il 3 ottobre). Il senso è chiaro: "Perché non mandi una imbasciata a quello dietro la posta? Digli, ha detto babbo, ti vuoi fare 20 anni di carcere pure tu?".

Nel prosieguo Velotti chiede al figlio di rivolgersi a Salvatore De Martino, figlio del boss Francesco, per spronare Braccia a pagargli le spese legali; secondo la sua versione quell'uomo avrebbe dovuto contribuire in quanto si sarebbe arricchito sfruttando le sue azioni e il nome del clan. Poi, fa un riferimento a un ex affiliato che ha deciso di diventare collaboratore di giustizia, scelta secondo lui maturata dopo essere stato abbandonato dal clan. Lui non ha intenzione di fare lo stesso, sottolinea ("Non è il caso nostro, non ne mangiamo di questo pane"), però il suo gruppo criminale è venuto meno alle promesse.

Nella stessa telefonata Velotti chiede al figlio dove si trovi e lui risponde di essere insieme al "cugino", ovvero Salvatore De Martino (figlio di Francesco De Martino). Il detenuto gli dice di passargli il telefono e chiede dove si trovi Braccia, apprendendo che nemmeno il gruppo sa dove sia andato. E spiega quale è il suo proposito: uscire dal carcere per vendicare un agguato subìto dai De Martino.

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