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Il boss si lamenta per il furto dell’auto del nipote: “Troviamo quelle rubate a tutti e non le nostre?”

Il traffico di auto rubate sarebbe stato gestito dal gruppo di Antonio Bruno, articolazione del clan Licciardi; l’uomo avrebbe incassato anche una somma mensile dai ladri d’auto.
A cura di Nico Falco
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Immagine di repertorio
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Nel rione Don Guanella il mercato delle auto rubate, dalla commissione di furti fino alla restituzione con la tecnica del "cavallo di ritorno", era appannaggio dell'articolazione locale del clan Licciardi. È quanto hanno ricostruito gli inquirenti, che contestano la guida del gruppo criminale ad Antonio Bruno, accusato anche della partecipazione all'omicidio di Domenico Gargiulo alias "Sicc ‘e Penniell". Il business è ricostruito nell'ordinanza, eseguita oggi dalla Squadra Mobile della Questura di Napoli, che ha portato in manette otto persone e svelato i collegamenti tra i clan Abbinante, Licciardi e Sautto-Ciccarelli.

L'auto rubata al nipote della moglie del boss

Il ruolo di Bruno viene ricavato dagli inquirenti anche da alcune intercettazioni in cui l'uomo parla esplicitamente di furti e restituzioni di automobili. In particolare, agli inizi del 2018, viene rubata l'automobile di un nipote della moglie. La famiglia non sporge immediatamente denuncia e si rivolge proprio a Bruno, che manda gli affiliati del suo gruppo alla ricerca della Fiat 500 scomparsa. E, inizialmente, non la trova.

Tanto che, ad un certo punto, si sfoga: il suo gruppo, dice, è in grado di restituire numerose auto rubate ma, proprio quando si tratta di quella di un familiare, vengono fuori difficoltà a individuare i ladri. E poi si rivolge alla madre del ragazzo: le chiede perché ha lasciato l'auto in strada, aggiungendo che "con la centralina subito se la prendono".

Nelle ore successive seguono varie discussioni su chi potrebbe essere stato, e di conseguenza a chi avrebbero dovuto chiedere per la restituzione, fino a quando l'automobile viene finalmente trovata. E si passa alla seconda parte, quella per giustificare il ritrovamento: il ragazzo denuncia di avere parcheggiato l'auto la sera del 28 febbraio e di non averla trovata al mattino successivo, datando quindi il furto nella tarda serata o nella notte tra il 28 e il 1 marzo; aggiunge di averla trovata nel pomeriggio del 1 marzo. Dalle intercettazioni, però, rileva il gip nell'ordinanza, il furto era stato scoperto già nel pomeriggio del 28 febbraio: la denuncia sarebbe stata fatta successivamente proprio perché in quelle ore si sarebbe tentato di rintracciare il veicolo cercando chi lo aveva rubato.

Questa particolare vicenda non viene contestata perché i ladri non sono stati individuati e non è stato possibile accertare il pagamento per la restituzione; per il gip, però, è verosimile che l'automobile sia stata consegnata gratuitamente perché di proprietà del nipote della moglie di Bruno e, in ogni caso, la vicenda viene ritenuta rilevante perché dimostrerebbe il ruolo dell'uomo nel traffico di auto rubate.

In un altro caso ricostruito è la moglie di Bruno a interessarsi per la restituzione di un'automobile rubata ad un'amica, e si accorda per un "regalo" da 300 euro ai ladri purché consegnino anche delle attrezzature che si trovavano all'interno e che la donna usa per lavorare.

I ladri pagano "la mesata" al gruppo criminale

Da un'altra intercettazione emerge il rapporto coi ladri d'auto. In particolare uno di loro, non identificato, secondo gli inquirenti paga a Bruno una somma mensile per essere autorizzato a commettere furti. E in una occasione dimentica di consegnare il denaro. Lo stesso Bruno glielo avrebbe ricordato, e lui sarebbe andato a recuperare i soldi.

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