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Il boss dei Lo Russo comandava dal carcere via chat, i soldi investiti in orologi pagati in bitcoin

Oscar Pecorelli, ritenuto ai vertici del clan Lo Russo, continuava a guidare il gruppo criminale nonostante sia detenuto dal 2010; misura cautelare anche per moglie e figlio.
A cura di Nico Falco
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Nonostante fosse detenuto dal 2010, e con quattro ergastoli da scontare, il boss Oscar Pecorelli non aveva mai interrotto i suoi contatti dal territorio. Anzi, continuava a comandare e, aiutato da moglie e figlio, a gestire usura ed estorsioni e a reinvestire i capitali illeciti in imprese intestate a prestanomi e in quello che pare essere il suo "bene rifugio" preferito, ovvero orologi di lusso che comprava anche a Dubai e pagava in bitcoin. È quello che è emerso dalle indagini della Guardia di Finanza che oggi, 24 gennaio, ha eseguito un'ordinanza applicativa delle misure cautelari personali emessa dal gip di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Destinatari del provvedimento, con destinazione carcere, sono Pecorelli, detto "‘o Malommo", classe 1979, e la moglie, Mariangela Carrozza, 44 anni; per il figlio Rosario, 19 anni, sono stati invece disposti gli arresti domiciliari. Le accuse sono di associazione armata di stampo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso, frode fiscale e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.

L'ordinanza è stata eseguita dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e personale del Nucleo Investigativo Centrale di Roma della Polizia Penitenziaria, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata.

Usura ed estorsioni decise dal carcere

Pecorelli è detenuto dal 2010, a seguito di una condanna per omicidio premeditato. Per gli inquirenti si tratta di un soggetto di primo piano del clan Lo Russo, alias i "Capitoni", il gruppo di camorra legato all'Alleanza di Secondigliano che per decenni ha gestito il malaffare tra Miano, Piscinola, Marianella, Chiaiano, il rione don Guanella e anche in alcune aree centrali della città di Napoli, come il rione Sanità; dopo la disarticolazione dei Lo Russo, "‘o Malommo" avrebbe continuato a ricoprire un ruolo di vertice nella fazione "ncopp Miano", ovvero i Cifrone.

Il 45enne, che si trova nel carcere di Opera, a Milano, avrebbe usato dei telefoni cellulari per usare WhatsApp e mail e, con l'aiuto di moglie e figlio, avrebbe impartito direttive agli altri affiliati per riscuotere i proventi delle estorsioni. Grazie a una notevole disponibilità di contanti, hanno ricostruito gli inquirenti, la famiglia di Pecorelli avrebbe concesso prestiti a tassi usurari pretendendo la restituzione dei soldi con minacce e intimidazioni.

Gli orologi di lusso comprati in bitcoin

Il denaro sarebbe stato reinvestito, tramite prestanomi, in immobili e in numerose attività di vari settori come commercio di calzature, cuoio e pellame, lavanderia e trasporto su gomma, sia per aggirare eventuali misure di prevenzione patrimoniali sia per finalità speculative e per frodare il fisco con false fatture, quantificate in circa 10 milioni di euro. I contanti sarebbero stati investiti anche in orologi di lusso, dal valore nettamente più alto rispetto ai redditi dichiarati, che venivano acquistati anche a Dubai e venivano pagati in criptovaluta.

Le indagini avevano portato già al sequestro, eseguito nel giugno 2024, di 8 immobili, 12 lotti di terreno, 5 complessi aziendali, 2 automobili, un ciclomotore, 20 orologi di lusso, 90 rapporti finanziari e circa 40mila euro in contanti, per un valore complessivo che supera gli otto milioni di euro.

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