Il boss Bosti minacciava anche i nipoti per fermare la collaborazione del genero pentito
Il boss Patrizio Bosti, a capo del clan Contini dell'Alleanza di Secondigliano, era arrivato a minacciare anche i nipoti perché il genero, padre dei due, ritrattasse le dichiarazioni già rese e interrompesse il percorso di collaborazione con la Giustizia: se non fosse tornato sui suoi passi lo avrebbero impiccato e avrebbero fatto del male ai ragazzi. Circostanza che emerge dall'ordinanza che ha portato oggi in carcere quattro indagati, tutti riconducibili al nucleo famigliare di "‘o Patrizio": con il boss, che sarebbe stato scarcerato tra una decina di giorni, la misura è scattata per la figlia Flora, il figlio Ettore (già detenuto) e il genero, Luca Esposito, marito della figlia Maria (a cui viene contestato il reato di riciclaggio).
Le minacce dal carcere a Esposito e ai figli
Il capoclan, insieme alla figlia Flora, a un altro affiliato (verso il quale è in corso un procedimento separato) e ad altre persone al momento non identificate, avrebbe minacciato i due giovani nipoti e il genero; all'uomo aveva anche mandato delle lettere dal contenuto apparentemente affettuoso: secondo gli inquirenti quelle missive servivano, in realtà, a intimidire Esposito. La preoccupazione del genero del capoclan è evidente anche in una lettera che l'uomo aveva mandato alla moglie e nel quale le parlava delle minacce che aveva ricevuto: se avesse continuato a parlare, lo avrebbero impiccato o avrebbero fatto del male ai loro figli.
Bosti comandava anche dal carcere
Secondo gli inquirenti Patrizio Bosti aveva continuato a guidare il clan nonostante fosse detenuto nel carcere di Parma dal 2007; per farlo avrebbe strumentalizzato i colloqui coi familiari e avrebbe approfittato di un breve periodo di scarcerazione (soltanto una manciata di giorni, nel 2020, per un errore di conteggio della pena residua). Dal carcere "‘o Patrizio" avrebbe affidato incarichi direttivi a soggetti di fiducia, dato indicazioni sulle "mesate", dato direttive per impedire che affiliati o persone vicine al gruppo collaborassero coi magistrati e avrebbe anche deciso una totale inversione delle linee strategiche del sodalizio, che fino a quel momento prevedevano una "pax mafiosa" col cartello contrapposto dei Mazzarella.