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Il boss Angelo Moccia e il fratello Luigi al 41 bis, il ministro Nordio firma il trasferimento

Il ministro Carlo Nordio ha disposto il carcere duro per Angelo e Luigi Moccia, considerati i vertici del clan omonimo di Afragola (Napoli).
A cura di Nico Falco
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Il boss Angelo Moccia e il fratello Luigi Moccia, considerati ai vertici del clan originario di Afragola (Napoli) ma con ramificazioni in varie città d'Italia e soprattutto a Roma, sono stati trasferiti al 41bis: decisione del ministro Carlo Nordio, che ha disposto il nuovo regime carcerario su richiesta dei pm del pool anticamorra di Napoli. Scarcerato nel 2016 dopo una lunga detenzione, Angelo Moccia era finito nuovamente in manette lo scorso aprile, quando i carabinieri notificarono una ordinanza da 59 misure cautelari a carico di boss e gregari del gruppo camorristico di Afragola.

Il boss Moccia, ex dissociato, al 41 bis

Ad anticipare la notizia del trasferimento al 41-bis per i due è il quotidiano Il Mattino. Attualmente Angelo Moccia, insieme a Luigi e al terzo fratello, Antonio, è imputato nel processo scaturito dall'inchiesta Morfeo: i tre sono accusati di essere alla guida del clan, che negli anni si è fortificato grazie a una fitta rete imprenditoriale con infiltrazioni in vari settori, da quello alberghiero a quello della ristorazione a quello del commercio dei carburanti; diverse inchieste giudiziarie hanno ricostruito la presenza del clan anche a Roma, dove come referente è stato individuato Michele Senese, alias ‘o Pazzo, ritenuto uomo di fiducia di Angelo Moccia. La scelta del carcere duro arriva dalla necessità di interrompere qualsiasi collegamento col contesto criminale ricostruito dagli inquirenti.

Negli anni '90 Angelo Moccia si era dissociato dalla malavita organizzata e aveva raccontato delitti che aveva commesso quando aveva fatto parte della Nuova Famiglia, il cartello che numerosi clan di Napoli e provincia avevano costituito per contrapporsi all'avanzata della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo; da quella scelta era iniziato il percorso che aveva portato il boss lontano dal carcere duro e, dopo una detenzione ordinaria, alla scarcerazione nel 2016. Già nel 2017 l'uomo era comparso in una informativa dei Ros: a marzo aveva partecipato ad un'udienza pubblica col Papa. Per gli inquirenti, però, la dissociazione faceva parte di una strategia finalizzata ad evitare il 41 bis, senza un reale distaccamento dagli affari criminali.

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