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Il 28 luglio 2013 la strage dell’Acqualonga: autobus cade dal viadotto, muoiono 40 persone

Il 28 luglio 2013 il più grave incidente stradale della storia d’Italia: un autobus perde il controllo e sfonda un guardrail, volando da un viadotto autostradale nel vuoto. Dei 48 tra passeggeri ed autista a bordo, muoiono sul colpo 38 persone, altre 2 nei giorni successivi. Il processo, lungo, porta nel 2019 a 7 condanne e 8 assoluzioni, tra cui l’ad di Autostrade per l’Italia.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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L'autobus precipitato dal viadotto dell'Acqualonga lungo l'A-16 Napoli-Bari, all'altezza di Monteforte Irpino.
L'autobus precipitato dal viadotto dell'Acqualonga lungo l'A16, all'altezza di Monteforte Irpino.

Il 28 luglio del 2013 si verifica il più grave incidente stradale della storia d'Italia: un autobus, con a bordo 47 persone, cade da un viadotto dell'autostrada, e uccide sul colpo 38 persone. Altre due moriranno in ospedale, otto i feriti. Si tratta di persone che rientravano da Pietrelcina per arrivare a Pozzuoli a bordo di un autobus di una ditta privata. La tragedia scuote l'intero paese, e sconvolge per sempre la vita dei familiari delle vittime, oltre alla stessa comunità di Monteforte Irpino, il comune attraversato dal viadotto stesso, che assiste impotente ad un numero impressionante di soccorritori, forze dell'ordine, elicotteri e ambulanze. I corpi verranno portati nella locale scuola elementare, sotto gli occhi sgomenti dei residenti che, della notte del 28 luglio, non riescono più a dimenticare il via vai di sirene.

La dinamica dell'incidente del 28 luglio 2013

Tutto ha iniziò attorno alle 19.30 della sera del 28 luglio 2013, una normale sera d'estate. L'autobus, arrivato dal Raccordo Autostradale 9 che collega Benevento all'autostrada A-16 Napoli-Bari, entra all'altezza di Benevento, e prosegue in direzione del capoluogo campano. Superati i caselli di Avellino Est ed Avellino Ovest, entra nel tratto della cosidetta "salita di Monteforte", nel comune omonimo dell'Irpinia. Un tratto che, in entrambe le direzioni, mette a dura prova i veicoli: frequenti, soprattutto d'estate, gli interventi dei vigili del fuoco per auto andate in fiamme o guasti ai motori, soprattutto per vetture vecchie o con scarsa manutenzione.

Lungo il tratto, i passeggeri "avvertono" dei rumori provenire dall'interno del mezzo. Poi però inizia il tratto in discesa, caratterizzato dalla galleria delle Quattro Cupe. Sono le 20.30 circa: l'autobus, in discesa, inizia a prendere velocità e diventa subito ingovernabile. Si scoprirà poi che un giunto cardanico dell'albero di trasmissione si era rotto, tranciando l'impianto frenante. L'autobus, in piena discesa poco prima dell'arrivo sul viadotto dell'Acqualonga, diventa un missile.

Con i freni che non rispondono, l'autobus inizia a sbandare, colpisce le altre automobili presenti sulla carreggiata, anche perché lungo il tratto c'è un cantiere, e dunque vetture e furgoncini sono parzialmente bloccati nel traffico. L'autobus colpisce una prima volta il guardrail, ma l'autista riesce in qualche modo a rientrare in carreggiata. Ma l'urto con gli altri veicoli fa sì che l'autobus finisca nuovamente contro il guardrail, che non tiene: si sfonda, e la vettura finisce nel vuoto. Un volo di trenta metri, nel nulla. Lo schianto è tremendo, e viene visto in diretta dagli altri automobilisti.

I soccorsi ed il recupero dei corpi

Partono a raffica le chiamate al 118 ed al 113: sono proprio gli altri automobilisti, che spiegano subito come un autobus abbia sfondato il guardrail volando dal viadotto. L'altissimo numero di telefonate che arrivano in pochi minuti fanno subito capire alle centrali operative che si tratta di qualcosa di gravissimo: in meno di un quarto d'ora, le forze dell'ordine sono già sul posto, e si trovano di fronte uno scenario impressionante.

L'autobus è letteralmente distrutto: delle 47 persone a bordo, 38 muoiono nell'impatto, altre due sono gravissime e moriranno nei giorni successivi nonostante i disperati tentativi dei medici di salvarle. Una di queste è Simona Del Giudice, appena 16 anni e che sarà la vittima più giovane della strage: morirà il 6 agosto successivo. L'altra è Salvatore Di Bonito, che resisterà in ospedale fino al 7 settembre, poi il suo cuore si arrende: il 54enne diventa così la vittima numero 40 dell'incidente. Altri otto sono i feriti, alcuni dei quali hanno riportato traumi gravi e insanabili. Inizia il lungo via vai di mezzi di soccorso: la zona di Monteforte Irpino dove è caduto l'autobus, sotto il viadotto, non è facilmente raggiungibile e per di più è diventata notte fonda: ci vogliono mezzi di soccorso ed elicotteri per portare via i corpi, ammassati nella scuola comunale del paese.

I funerali di Stato a Pozzuoli

Ai funerali delle prime 38 vittime si presentano anche le più alte cariche dello Stato: le celebrazioni solenni si tengono al Palasport di Pozzuoli il 31 luglio successivo. Oltre ai parenti in lacrime, anche semplice cittadini e le istituzioni si stringono attorno al dolore dei familiari. Poi però, asciugate le lacrime, inizia il processo: un incidente del genere in Italia non si era mai visto, soprattutto con un numero così elevato di vittime. E le famiglie, così come il paese, chiedono risposte.

La sentenza di primo grado: 7 condanne e 8 assoluzioni

Il processo è lungo, e vede coinvolti anche i vertici di Autostrade: sotto accusa ci sono proprio i guardrail, che non hanno tenuto all'impatto con il bus. Iniziano le udienze, i dibattiti, e si arriva all'11 gennaio 2019 alla sentenza di primo grado: vengono condannati Gennaro Lametta, titolare dell'azienda che gestiva l'autobus e fratello dell'autista stesso, deceduto nell'incidente (12 anni), Antonietta Ceriola, dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli (8 anni), Paolo Berti, dirigente all'epoca del tronco Autostrade in cui avvenne l'incidente (5 anni e sei mesi), Gianluca De Franceschi e Nicola Spadavecchia, dirigenti di Autostrade per l'Italia (6 anni), mentre Michele Renzi e Bruno Gerardi, dipendenti di Aspi furono condannati a 5 anni, per un totale di sette condanne.

Vengono assolte otto persone, tra cui l'amministratore delegato di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci, assieme a Vittorio Saulino, dipendente della Motorizzazione Civile, Michele Maietta, dirigente tronco Autostrade, Massimo Fornaci, Marco Perna e Antonio Sorrentino, dirigenti o ex dirigenti di Autostrade. Una sentenza che fece infuriare i parenti delle vittime, e non solo. Contro la sentenza si era mosso il procuratore capo di Avellino Rosario Cantelmo affiancato dal sostituto procuratore Cecilia Annecchini, che aveva subito annunciato il ricorso in Appello.

Il processo civile

In sede civile, invece, il 23 luglio 2019 erano state condannate sia la società Autostrade sia il proprietario del bus stesso al risarcimento parziale per alcuni parenti delle vittime. Secondo il giudice, infatti, sia la società Autostrade sia Gennaro Lametta, proprietario dell'autobus, avrebbero concorso per il 50% nelle cause dell'incidente. Entrambi sono stati così condannati a pagare circa 900mila euro a titolo di risarcimento non solo ai parenti delle vittime, ma anche ai proprietari di altre vetture che vennero travolti dal bus ormai fuori controllo e che poco dopo sarebbe precipitato dal viadotto.

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