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Crollo Vela Celeste a Scampia

I funerali di Scampia, la piazza semivuota sotto il sole e le parole inopportune di De Luca

Quella piazza rovente e deserta è la rappresentazione del disastro politico e sociale di Scampia: hanno pensato al contenitore, non a chi doveva popolarlo.
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La piazza Giovanni Paolo II di Scampia è semivuota. Ci si attendeva una marea di gente ai funerali dei tre morti della Vela Celeste. La gente c'è, ma non è sulle sedioline di plastica rovente collocate sotto un sole infame già alle 9 del mattino. È ai margini, assiepata sotto i pochi gazebo messi a disposizione, guarda dai palazzi o ascolta dalle dirette delle emittenti locali le parole del vescovo Mimmo Battaglia.

Questo perché ci sono quaranta gradi; le ambulanze che monitorano l'area alla fine della cerimonia religiosa conteranno almeno quattro persone svenute per colpi di sole.

Quella piazza infuocata e senza gente è la rappresentazione plastica del disastro politico e sociale di Scampia: hanno pensato al contenitore ma non hanno pensato alle persone che dovevano popolarlo.  È accaduto decenni fa per le Vele, mostri di cemento bruto in cui – per forza e per necessità – la gente è andata a vivere. È successo oggi per l'addio a Roberto, Margherita, Patrizia.

Un antico adagio napoletano resiste all'usura del tempo: «a Santa Chiara dopp'arrubbato mettèttero ‘e porte ‘e fierro», ovvero «spesso le misure precauzionali arrivano quando è troppo tardi». Forse questo proverbio è ancora usato perché Napoli, così come gran parte d'Italia, è proprio così. Arrivano preoccupazioni e soluzioni quando il guaio è già avvenuto.

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E infatti oggi si annunciano controlli su tutte e tre le Vele di Scampia rimaste in piedi, la Gialla, la Celeste e la Rossa. C'è un non detto che serpeggia chiaramente: bisogna mandare tutti via. Le Vele hanno fatto il loro tempo. E dopo quel che è successo c'è anche da chiedersi con che coraggio si immagina di tenere in piedi la Vela Celeste scenario di chissà quante tragedie e ora anche di morte.

Oggi ci sarà la prima mossa del governo Meloni ad una settimana dal crollo del ballatoio, costato la vita a 3 persone e il ferimento di altre 13, una parte delle quali ancora in gravissime condizioni. La prima mossa è il vertice di Protezione civile col ministro Nello Musumeci. Ci sono voluti sette giorni per questo tavolo.

Ai funerali per il governo è andata Pina Castiello, sottosegretaria di Stato ai rapporti con il Parlamento. Ha fatto capire che Giorgia Meloni – in questi giorni in Cina per un viaggio istituzionale – incontrerà i familiari delle vittime: «Conoscendo la sua sensibilità, sono convinta che lo farà presto». Al netto degli incontri servono poi decisioni e denaro: far ripartire il cantiere delle case alternative alle Vele, garantire una sistemazione a chi oggi una casa non l'ha più. Fare in modo che le Vele non possano essere liberate e poi rioccupate all'infinito da altri disperati.

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Il problema istituzionale è anche e soprattutto locale: il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, come al solito, cerca di tessere una tela con Roma sperando in un pacchetto Scampia che includa iniezioni di denaro. Vincenzo De Luca, il cui rapporto è ormai ai minimi termini non solo col governo ma anche col Comune, se ne esce con un: «io avrei demolito tutto ma non oggi, da tempo». Manco fosse un passante e non da dieci anni il capo dell'Ente più rilevante della Campania che mette bocca su ogni cosa.

Se questi sono i presupposti, per Scampia la strada è in salita. Come sempre.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. È autore del libro "Se potessi, ti regalerei Napoli" (Rizzoli). Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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