“Sento di aver bruciato tempo e soldi. Sono laureato, ma ad ogni colloquio di lavoro porte in faccia”
La storia di lavoro che non c'è, raccontata da Piero in una lettera inviata alla casella mail di Fanpage.it ha generato numerose reazioni da parte di suoi coetanei, meridionali, molti dei quali campani. Fra loro la storia di Giovanni, 29 anni, napoletano, è tra quelle che lasciano il segno. Sia per la sua civile indignazione, composta – non una parola della sua lettera è fuori posto – sia per l'analisi spietata dell'attuale situazione occupazionale italiana.
«Parlare, raccontare ed esprimere le preoccupazioni e soprattutto il senso di fallimento e frustrazione dovrebbe essere utile», spiega. Ed è questo il motivo per il quale ha deciso di mettere nero su bianco quest'ultima fase, non sempre esaltante, della sua vita.
Ho una laurea triennale e magistrale in lingue e letterature moderne europee, mi sono laureato nel 2018 rispettando i tempi (anzi la laurea magistrale l’ho terminata in un anno e mezzo); dopo aver fatto il cameriere, promoter e altri numerosi lavori per pagarmi gli studi, ora sono disoccupato.
Dopo aver fatto numerosi sacrifici economici, numerosi corsi master e certificazioni, dopo aver fatto stage gratuiti, ora sono disoccupato. Che fallimento.
Giovanni spiega di aver speso molto tempo per colloqui: «Tutti ma senza esito o con stipendi utili solo per poter pagare il trasporto. È una frustrazione». Poi il discorso si sposta sulla Naspi, l'indennità mensile di disoccupazione destinata a chi perde un impiego:
Ho lavorato come promoter, steward, cameriere, accoglienza in museo e hotel e ho insegnato in una scuola, mi ritrovo a casa. Dopo il fallimento della scuola italiana, mi ritrovo a mettermi in gioco e cambiare strada.
Ma quale sarebbe la strada giusta in Italia?
Prendere la Naspi è umiliante, frustante e nauseante, ma senza un lavoro e futuro è l’unica strada.
A Fanpage.it Gianni spiega:
L'esperienza da cameriere erano per eventi a progetto, pagavano 30 euro dalle 16 a mezzanotte, ma lo facevo perché dovevo pagare le tasse universitarie, pure era ciò che volevo avendo una formazione umanistica linguistica.
Il tirocinio nel museo era gratuito e obbligatorio per l'università, e dopo questo stage sono stato chiamato occasionalmente per eventi ma non era nulla di fisso.
La sua constatazione è amarissima e ad oggi nessuno, fra istituzioni e mondo del lavoro può anche solo tentare di smentirla: «Mi sento di aver bruciato 5 anni tra libri, esami , soldi e lavoretti. Quello che mi resta è la cultura».