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Giulio Giaccio ucciso per errore e sciolto nell’acido, tre condanne a 30 anni

La tragica storia di Giulio Ciaccio, ucciso a 26 anni per errore. Il gup ha inflitto tre condanne a 30 anni di carcere nei confronti di tre imputati.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Giulio Giaccio, la vittima
Giulio Giaccio, la vittima

Tre condanne a 30 anni di carcere per la morte di Giulio Giaccio, ucciso per errore a 26 anni e poi sciolto nell'acido, perché scambiato per l'amante della sorella di un camorrista legato al clan Polverino. A distanza di 25 anni da quel brutale omicidio, arriva una nuova decisione dei giudici. Il Gup di Napoli, Fabio Provvisier, infatti, ha inflitto tre condanne a 30 anni di carcere nei confronti di tre imputati ritenuti coinvolti nel rapimento, nell'omicidio e nella distruzione del cadavere di Giulio Giaccio, la sera del 30 luglio del 2000.

La tragica storia di Giulio Ciaccio, ucciso a 26 anni per errore

Giulio aveva solo 26 anni, quando, quella tragica sera, fu ucciso con un colpo di pistola alla nuca, secondo quanto ricostruito dalla magistratura. Il ragazzo stava rientrando nella sua abitazione nel quartiere napoletano di Pianura, nell'area occidentale della città, in compagnia di un amico, quando fu avvicinato da alcuni finti poliziotti che lo sequestrarono. Ai suoi rapitori, secondo il racconto dell'amico, Giulio negò più volte di chiamarsi Salvatore, come invece sostenevano. Ma le sue proteste non valsero a nulla.

Fu poi proprio l'amico a raccontare l'accaduto alla famiglia di Giaccio. Quando i suoi familiari capirono che a prelevare Giulio non erano state le forze dell'ordine, presentarono, il giorno dopo, una denuncia per rapimento. L'amico, inoltre, riferì agli investigatori la dinamica del rapimento del giovane, preso con la forza.

La decisione dei giudici napoletani

I condannati a trent'anni sono Raffaele D'Alterio, Luigi De Cristofaro e il boss pentito Salvatore Simioli. Grazie alle dichiarazioni rese da quest'ultimo è stato possibile fare luce su questo caso che risale a quasi 25 anni fa. Del commando, secondo gli inquirenti, avrebbero fatto parte anche Salvatore Cammarota (colui che voleva vedere morto l'amante della sorella), Carlo Nappi e Roberto Perrone. "Giustizia è fatta", il commento dell'avvocato Alessandro Motta, che assiste legalmente la famiglia Giaccio.

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