Quando Benigni andò a casa di Troisi e gli disse: “Massimo, non puoi morire per l’arte”
«Roberto Benigni andò a casa di Massimo Troisi qualche giorno prima che morisse. Lo trovò pallido, emaciato, dimagrito. Lo rimproverò. Gli disse che non si può morire per l’arte». Davanti al pubblico della diciottesima edizione del Premio Massimo Troisi di San Giorgio a Cremano, il giornalista e scrittore Gianni Minà, classe 1938, ha svelato un retroscena finora sconosciuto della vita del famoso artista partenopeo con il quale, ha aggiunto “ho passato gli ultimi due anni della sua vita e sono stati due anni bellissimi.” Minà ha raccontato come Roberto Benigni e Troisi fossero “amici strettissimi” e che quando i due erano insieme il divertimento era assicurato.
Il racconto di Minà, accolto dal pubblico napoletano con una ovazione, aggiunge dettagli poco noti sugli ultimi periodi di vita di Troisi, su cui, invece, tanto si è discusso. Il giornalista ha raccontato come Massimo si fosse rivolto proprio a lui per contattare Antonio Skàrmeta, l’autore cileno del libro “Il Postino di Neruda”, che poi sarebbe stato alla base della sceneggiatura del suo ultimo film. «Ci riuscii, lo trovai in Germania. Massimo era rimasto folgorato da quel libro».
Minà ha poi raccontato al pubblico aneddoti sulla sua vita ed ha confessato di non aver mai particolarmente gradito la sua celebre imitazione realizzata da Rosario Fiorello nel programma “Viva Radio 2” e che la tollerava solo perché “nella vita, a volte, devi per forza stare al gioco”. Infine, prima di ricevere il “Minollo d’Oro”, un premio dedicato alla memoria del suo amico Massimo Troisi, ha annunciato che sua moglie, da esordiente, sta per iniziare a girare un documentario proprio sulla vita del giornalista.