Qualche decennio fa, lo ricordo come fosse ieri, alla Facoltà di Sociologia della Federico II di Napoli, un giovane Lello Savonardo – che poi in quella stessa facoltà sarebbe diventato docente – invitò per un dibattito sulle nuove sonorità artisti napoletani di spicco. Arrivarono i 99 Posse, Edoardo Bennato e Raiz degli Almamegretta.
Erano gli anni Duemila, a Napoli c’era stata una esplosione del nuovo mondo della musica popolare in dialetto, definita neomelodica. Io lavoravo in un altro giornale che non c’è più e insieme ai colleghi di allora decidemmo di fare una polemica improvvisata al convegno. Portando un rappresentante del genere escluso, quello dei nelmelodici, con noi.
Luciano Caldore, uno dei più popolari artisti del momento, accettò l’invito. Non esistevano cellulari e social network, ricordo lo stupore della platea quando Luciano , pettinatura inconfondibile e lampada appena fatta, si presentò all’Università Federico II.
Fu bellissimo: il relatore principale lo invitò a sedersi con gli altri cantanti. E Caldore fece un bel discorso, semplice e popolare, sul suo lavoro e sulla voglia che aveva di continuare a cantare per la gente. Applausi dalla platea e dai colleghi.
Purtroppo nell’epoca dei social polarizzanti e della stupidità imperante qualcuno si è addirittura permesso di storcere il naso sull’invito che il rettore della Federico II di Napoli, intervistato da Fanpage.it, ha fatto al rapper Geolier, ovvero quello di venire a parlare agli studenti del più antico ateneo napoletano.
Lorsignori , gli “pseudo aristocratici” alla pizzaiola, hanno forse dimenticato che l’Università è soprattutto conoscenza, confronto, dibattito e studio. Forse appartengono a quel tipo di persona che ha studiato solo per cfu e per chiudere la sessione.
Perché solo gente così può pensare che un percorso di studi non debba essere inclusivo, aperto alla società e al contemporaneo. Geolier porta sicuramente una storia, sicuramente una esperienza di vita (anche artistica e imprenditoriale!).
Chi non lo capisce dovrebbe aver vergogna della sua intolleranza.