All'indomani dell'invito dell'Università Federico II ad Emanuele Palumbo, in arte Geolier, ci schierammo dalla parte dell'iniziativa, contro i «dotti, medici e sapienti» (e malmostosi) incapaci di trovare interesse in domande ad una persona così diversa dal panorama universitario standard, come può esserlo un rapper uscito dal rione Gescal di Mianella, lì dove è tutto – da Scampia a Piscinola – è definito genericamente "a Secondigliano".
Oggi sappiamo che l'invito al cantante, record di streaming su Spotify, secondo posto al Festival di Sanremo, autore in dialetto napoletano moderno (e anche per questo contestatissimo) richiamerà centinaia di persone ma non il nuovo procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri. Il procuratore ha spiegato che non conosce la musica di Geolier ma ha anche espresso la sua visione in maniera semplice: per lui l'Università deve dar voce solo «ad eccellenze, modelli di vita per la formazione dei ragazzi». Il rettore della Federico II Matteo Lorito lo ha invitato a quest'incontro ma lui ha gentilmente declinato: «Non ho cambiato idea».
Il procuratore Nicola Gratteri ha un carattere tranchant, è una delle caratteristiche che fanno di lui uno dei personaggi simbolo della lotta per la legalità al Sud d'Italia. Paga la scelta professionale ogni giorno, visto che è sotto scorta da anni ed è sfuggito a tre attentati della ‘ndrangheta in Calabria. E, come egli stesso ha spiegato, le sue modalità sono nette: «Sono libero, crudo e asciutto, posso attirarmi inimicizie».
Lo si può auspicare ma è sbagliato pretendere che il mondo di Geolier e il mondo di Gratteri si incrocino, facciano amicizia e vadano a braccetto. Non viviamo in una sceneggiatura di una fiction sulla periferia napoletana, ci sono uomini che non necessariamente sono nemici ma le cui visioni di vita divergono non si incrociano l'una con l'altra. E ci sono persone non concilianti che non scendono a patti a favore del pubblico e non sempre sono disposte all'ipocrisia davanti ai riflettori.
È giusto che il procuratore di una città come Napoli abbia delle sue idee, nette e le faccia sentire. Anche se contrarie al contesto. È di riflettere, ragionare e dubitare che abbiamo bisogno, non di schieramenti e di cieca fede da stadio.