Furia De Luca contro Meloni: “Lavora, stronza”. Ai poliziotti: “Ci dovete uccidere, non ce ne andiamo”
Il giorno dell'ira di Vincenzo De Luca comincia con quello che c'è scritto a pagina 1 del manuale del perfetto manifestante: il «votta-votta col cordone» delle forze dell'ordine. Il presidente della Regione Campania, arrivato a Roma per la manifestazione della Campania contro l'autonomia differenziata conosce bene l'iter: nel Partito Comunista di Salerno degli anni Settanta è stato responsabile del comparto agricolo e organizzava le proteste dei braccianti. Ora ha 74 anni, un volto televisivo e una scorta.
«Fate aprire la porta a questi conigli!». Il funzionario Digos si trova in difficoltà enorme quando deve interfacciarsi con lui e chiama il dirigente. De Luca vuole procedere verso ministeri e Palazzo Chigi. Ma non può perché il corteo non è autorizzato fino a lì. Poco prima dell'imbuto di piazza Colonna il dirigente di Polizia, radio d'ordinanza in mano, gli dice: «No, non si può andare oltre». E Vicienzo sbotta, da par suo: «E allora chiedete che qualcuno venga qui a parlare, sennò dovete caricarci, è chiaro? Ci dovete uccidere». Telecamere puntate, voce e tempi recitativi perfetti. Nessuno uccide nessuno, comunque.
Secondo atto, esterno giorno. Quando la testuggine tricolore di sindaci – molti sono deluchiani di stretta osservanza, tanti sono dell'area cilentana – avanza, allora il «votta votta» con la polizia a difesa dell'accesso di Chigi, diventa più agitato.
Qualche sindaco si sfila dalla ressa, forse più preoccupato della sua discopatia che di arrivare sotto la sede del governo. Altri invece avanzano e, ovviamente, vengono respinti. Non si alzano scudi e manganelli. Chi fa l'ordine pubblico lì sa bene chi si trova davanti. E sa pure che se spacca la testa ad un sindaco o ad un presidente di Regione davanti a telecamere e fotografi non finisce bene.
Però si diffonde la voce di una «carica» contro i sindaci della Campania. Tensioni si, ma l'unica carica è quella di De Luca che cammina nervosamente. È nerissimo. Telefona come un forsennato: al ministero per il Sud di Raffaele Fitto evidentemente si sente solo la musichetta d'attesa. A Palazzo Chigi niente. Nessuno del governo di centrodestra ritiene di dover dare nemmeno una risposta, nemmeno «di cortesia» a decine di sindaci e al presidente di una delle Regioni più grandi del Sud Italia.
Il terzo atto è interno. De Luca è seduto su un divanetto. Giorgia Meloni è a Gioia Tauro, le sue parole sono del tipo «Pensi a lavorare anziché fare manifestazioni». L'ex sindaco di Salerno apprende. È con una serie di giornalisti, c'è anche una telecamera accesa, è quella di La7, ma non la vede. E va diretto come l'Intercity per Battipaglia. «Ma è tollerabile questo atteggiamento così? Centinaia di sindaci che stanno qua, che non hanno i soldi per l'ordinaria amministrazione…lavora… Lavora tu, stronza!»
Il video del talk politico "Tagadà" di La7 deflagra sul web. La parolaccia fa scattare come grilli tutti i parlamentari del centrodestra italiano che si compattano a difesa della premier. L'ex presidente della Regione Campania col centrodestra, Stefano Caldoro, replica a De Luca:
Perde tempo. Dal presidente della Regione Campania arrivano solo offese e provocazioni.
L’unico risultato sarà il grave danno a cittadini e imprese del territorio che subiscono un Presidente ed un governo regionale tanto irresponsabile quanto inefficiente che in questi anni non ha speso, e ha sprecato, risorse avute dall’Europa e dal Governo nazionale.
Ancor più interessante, perché sotterranea, la reazione del Partito Democratico. La maggioranza di Elly Schlein prima fa verifica, scandagliando i video sul web, per capire se davvero vi fossero state o meno le cariche contro i sindaci. Una volta appurata la situazione, decide di non dire.
Nei giorni in cui gli staff di Meloni e Schlein si stanno confrontando per definire le modalità di un confronto televisivo elettorale, De Luca – che attacca a giorni alterni sia la premier che la segretaria del Pd – non è ritenuto argomento su cui è utile far battaglia.
Intanto, a Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, qualcuno tira un sospiro di sollievo. È Gaetano Manfredi: il sindaco di Napoli aveva deciso di non andare a Roma a rimorchio di De Luca. Lui assolutamente non ne parla; ma visto com'è finita e per quel che se ne sa, la sua opinione assomiglia a un «l'avevo detto».