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Faida di Scampia, gli omicidi decisi al bar: “Proponevamo un nome, Cosimo Di Lauro diceva sempre di sì”

Il collaboratore di giustizia Salvatore Tamburrino racconta la strategia del clan Di Lauro contro gli Scissionisti: colpire parenti e amici, “purché si facciano morti”.
A cura di Nico Falco
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Cosimo Di Lauro al momento dell'arresto
Cosimo Di Lauro al momento dell'arresto

Un parente di uno scissionista, un amico, un conoscente, sia uomini sia donne: chiunque andava bene come obiettivo, "purché si facciano morti". Strategia di terrore del clan Di Lauro durante la prima faida di Scampia, raccontata agli inquirenti da Salvatore Tamburrino, storicamente inquadrato nel gruppo criminale di via Cupa dell'Arco e divenuto collaboratore di giustizia dopo avere ammazzato la moglie, Norina Matuozzo, e avere rivelato il nascondiglio di Marco Di Lauro, di cui era il vivandiere. Le dichiarazioni vengono riportate nelle motivazioni del provvedimento con cui il Riesame ha confermato la custodia cautelare per Tony Colombo e Tina Rispoli, accusati di concorso esterno col clan Di Lauro.

La strategia del terrore della Faida di Scampia

Tamburrino, in un verbale dell'ottobre 2019, racconta che Cosimo Di Lauro (deceduto in carcere il 13 giugno 2022), benché avesse preso le redini del clan da quando suo padre era diventato latitante, nel 2002, per le decisioni si consultava coi fratelli Marco e Ciro; Vincenzo Di Lauro non era invece coinvolto in quanto in quel periodo era detenuto. Anche la scelta di intraprendere la faida, e degli obiettivi da colpire, sarebbe stata "collegiale".

Quando fu chiaro che ad uccidere Fulvio Montanino erano stati gli Scissionisti, prosegue Tamburrino, Cosimo Di Lauro decise di "scatenare una guerra, fare una strage" in quanto si era trattato di "un attacco alla sua famiglia di sangue"; i fratelli Marco e Ciro sarebbero stati presenti e avrebbero condiviso la sua scelta. Il gruppo avrebbe deciso di colpire i parenti dei rivali "perché Cosimo voleva mettere terrore a tutti". Uno degli affiliati avrebbe proposto di non mettere in atto vendette trasversali, ma il boss "gli diede del vigliacco e gli sputò in faccia".

Gli omicidi decisi nel bar a Secondigliano

Tamburrino prosegue dicendo che la lista degli obiettivi doveva essere approvata da Cosimo Di Lauro ma, nel caso questi fosse stato arrestato nel frattempo o per qualche motivo non potesse dare l'ordine, sarebbe bastato anche l'ok di uno dei due fratelli:

Ci incontravamo al bar e si proponeva un nome e si andava da Cosimo e costui diceva sempre sì. Cosimo diceva "purché si facciano i morti": l'unico presupposto è che vi fosse l'autorizzazione espressa di uno dei tre fratelli. Al bar vi erano parecchie persone disponibili a fare gli omicidi per i Di Lauro. Vi erano mezzi ed armi disponibili.

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