Ex ballerino ferito da proiettile vagante, il caso arriva al Quirinale: “Mattarella mi ascolterà”
Dopo l'intervista video rilasciata a Fanpage.it, Fabio Sorrentino ha deciso di scrivere al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L'ex ballerino professionista, che dopo essere stato ferito da un proiettile vagante ha dovuto rinunciare ad una promettente carriera, ha iniziato una battaglia per ottenere giustizia: "Non mi interessa sapere chi ha sparato – spiega Fabio – non cerco vendetta e non voglio nulla da lui, mi rivolgo allo Stato, che Lei, signor Presidente, ha sempre rappresentato con orgoglio, passione e impegno. Se quella sera lo Stato non è riuscito a proteggermi, che almeno mi aiuti a sostenere le cure mediche che ho dovuto pagare di tasca mia per 9 anni e che dovrò continuare a pagare per il resto della vita".
La sera del 9 luglio 2015, due mesi prima dell'omicidio di Genny Cesarano, 17 anni, vittima innocente ucciso davanti alla chiesa di San Vincenzo nel quartiere Sanità, Fabio Sorrentino viene ferito poco distante, in via Guglielmo Gasperini, traversa di via Foria. Sei colpi di pistola raggiungono Emanuele Esposito, giovane pregiudicato di 27 anni con precedenti per contrabbando di sigarette e rapina. L'assassino non verrà mai identificato. Lo stesso Fabio, unico testimone, non è mai riuscito a fornire alla polizia un identikit dell'assassino, che ha agito del buio in perfetto stile camorristico. Ma non basta. Per accedere al fondo destinato alle vittime di reati di tipo mafioso devono essere identificati entrambi, vittima e carnefice, come appartenenti alla criminalità organizzata. Un paradosso se si considerano le modalità dell'agguato così come emergono dagli atti e se si guarda al contesto dell'epoca in cui è avvenuto l'agguato in cui è rimasto ferito Fabio, il periodo dell'ascesa dei baby boss, che ebbe il suo culmine proprio nell'omicidio di Genny Cesarano, avvenuto due mesi dopo.
Un regolamento di conti, probabilmente la vendetta del clan egemone contro un giovane affiliato, dedito alle rapine e al contrabbando, che avrebbe osato mettersi in proprio in un territorio non suo. Non si sa con certezza matematica e di certo a Fabio non interessa. Quello che interessa è percepire la presenza di uno Stato che quella sera del 9 luglio non è riuscito ad evitare il peggio. Un aiuto per le innumerevoli spese mediche che ha dovuto sostenere di tasca propria in questi anni, complice la carenza del sistema sanitario pubblico che in Campania non solo non è stato in grado di offrire a Fabio le costose terapie di cui aveva e ha bisogno, ma che lo ha costretto ad attendere per ben 2 anni l'operazione per rimuovere il proiettile dalla schiena, quando ormai i suoi muscoli e la sua carriera erano irrimediabilmente compromessi.
"Se non è possibile accedere al fondo per le vittime di reati mafiosi a causa della burocrazia – scrive Fabio – esisterà una qualche forma di risarcimento per un ragazzo che torna a casa sua e si ritrova con un proiettile nella schiena a terra, nel sangue, al buio, solo, tra la vita e la morte? Esisterà un modo, per noi vittime innocenti, di tornare ad avere fiducia nelle istituzioni? Sono certo che lei, Presidente, con la sua storia e la sua particolare sensibilità al tema, mi capirà".