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Eternit Bagnoli, confermata la condanna a Schmidheiny per la morte di Antonio Balestrieri

Confermata la condanna a Schmidheiny per omicido colposo nei confronti di Antonio Balestrieri, l’operaio di Bagnoli morto per prolungata esposizione all’amianto.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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La Seconda Sezione della Corte di Assise d'Appello di Napoli ha confermato la condanna a tre anni e sei mesi inflitta in primo grado all'imprenditore svizzero Stephan Ernest Schmidheiny, ritenuto colpevole di omicidio colposo nei confronti di Antonio Balestrieri, uno degli operai dello storico stabilimento Eternit di Bagnoli, nel quartiere più occidentale di Napoli a ridosso della caldera dei Campi Flegrei, deceduto a causa di prolungata esposizione all'amianto. "Sentenza che ci conforta un po' dopo la delusione del primo grado", scrive Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto in una nota stampa, " le cui richieste dei Pubblici Ministeri sono state in gran parte disattese".

Bonanni ha quindi aggiunto: "Confidiamo che la Corte di Cassazione possa confermare questa condanna, e quindi rendere giustizia alle vittime e ai loro familiari". Lo stesso Osservatorio si era costituito parte civile con l'avvocato Flora Abate nel procedimento, e i giudici hanno ritenuto fondata la richiesta di risarcimento del danno. "Il processo ha evidenziato come l'uso dell'amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione", spiega in una nota l'Osservatorio, aggiungendo che "sia all'interno dello stabilimento che all'esterno c'era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Gli operai si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, che si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all'ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle", conclude la nota.

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