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Estorsione alle bancarelle, il clan Troncone imponeva “solo” mille euro: “Noi costruiamo il bene”

Il clan Troncone di Fuorigrotta avrebbe imposto agli ambulanti la vendita di 250 trombette, a 5 euro l’una; la circostanza nell’ordinanza contro anche il clan Frizziero.
A cura di Nico Falco
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"Solo" 1.250 euro a bancarella, che dovevano essere visti non come un'estorsione, ma come il coinvolgimento in un sistema più grande, in cui tutti dovevano "mangiare". Perché il clan non aveva intenzione di vessare gli ambulanti, ma di "costruire il bene". È il discorso che il clan Troncone di Fuorigrotta faceva ai commercianti in occasione della festa scudetto del Napoli, quando aveva deciso di imporre il pizzo a tutti: aveva contato 25 ambulanti, ognuno dei quali avrebbe dovuto vendere 250 trombette, a cinque euro l'una, per poi pagare la quota al clan; su sciarpe, bandiere e altri gadget, invece, non avrebbero chiesto nulla.

Il ragionamento, captato in ambientale, è agli atti nell'ordinanza che ieri mattina i carabinieri hanno eseguito nei confronti di 24 indagati, ritenuti legati ai clan Troncone e Frizziero, due realtà criminali attive rispettivamente a Fuorigrotta e nella zona della Torretta e tra loro simbiotiche.

L'estorsione alle bancarelle dei gadget del Napoli

Le intercettazioni riguardano Luigi Troncone, cognato del capoclan Vitale (entrambi destinatari della misura in carcere, il secondo già detenuto per altra causa). È il 2 marzo 2023, l'uomo viene ascoltato mentre parla con alcuni commercianti ambulanti. Il discorso tra loro verte sulle regole del clan: 10mila trombette da vendere per conto del gruppo criminale, al costo di 5 euro l'una.

Quando qualcuno fa notare che è "una tassa", Luigi Troncone replica dicendo che il clan potrebbe agire diversamente, imporre il pizzo su quanto incassato, invece si accontenta soltanto di quella quota fissa relativa alle trombette, disinteressandosi degli altri ricavi. Non si tratta, però, di una richiesta negoziabile: chi non aderisce, non può mettere la bancarella.

"Noi cerchiamo di costruire il bene"

Luigi Troncone, rileva il gip, che pure chiarisce di gestire l'affare insieme al cognato Vitale, pone il discorso come se fosse un imprenditore, dicendo che quello che il clan vuole è paragonabile ad un forfait, mentre non andrà a toccare il resto degli incassi.

E il cognato del boss insiste nel cercare di convincere gli ambulanti a fare parte di un sistema. Se dovessero arrivare i vigili, dice, lui farà in modo di avvisarli per permettergli di sbaraccare. E, al contrario, loro dovrebbero sentirsi coinvolti al punto da difendere questa organizzazione: se, per esempio, qualcuno dovesse guardarlo male per strada davanti allo stadio, loro dovrebbero intervenire a proteggerlo. Perché, spiega ancora, "noi siamo una famiglia che cerca di costruire il bene".

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