Ercolano, nuove scoperte sul 20enne “pietrificato” dalla lava nel Collegio degli Augustali

Non smette di regalare nuove scoperte la "stanza del custode" all'interno del Collegio degli Augustali del Parco Archeologico di Ercolano: in particolare, il corpo del 20enne "pietrificato" dalla lava che ha restituito, tra gli altri, perfino neuroni e parti del cervello. I misteri da svelare, però, sono ancora tanti, al punto da poter definire un "cold case" la sua storia. E che forse potrebbe ricevere giustizia, o quanto meno onore, a distanza di quasi duemila anni.
La posizione prona del corpo e i resti scheletrici
Il ritrovamento del corpo avvenne nel 1961, quando ancora si scavava a cielo aperto nei pressi dell'antico Collegio degli Augustali di Herculanuem, il luogo dove si riuniva il collegio sacerdotale dei Sodales Augustales, ovvero i sacerdoti che si occupavano di rendere omaggio alla figura "divina" di Augusto, come già in epoca monarchica e repubblicana si faceva con Romolo, fondatore di Roma. Amedeo Maiuri, storico archeologo italiano che di fatto ha contribuito allo scavo di gran parte dell'attuale Parco, trovò il corpo disteso in posizione prona, cioè a pancia e faccia in giù, su un letto di legno, sepolto dal fango vulcanico. Sua l'idea di lasciarlo com'era, per dare la possibilità ai visitatori di "osservarlo" così come era spirato, con i resti scheletrici in vista ma protetti da una teca di vetro.
Sorpreso nel sonno o già morto di paura?
Quello che non poteva ancora sapere era che il giovane, con ogni probabilità, non stava dormendo e non fu sorpreso nel sonno dall'eruzione: due le ipotesi, o che abbia atteso volontariamente in quella posizione la morte, oppure che fosse già morto al momento dell'eruzione, forse per la paura. O altro: perché la nuova scoperta riguarda la struttura della stanza in cui è stato trovato: la luce e l'aria non entravano dall'esterno, ma da una finestra del Sacello (ovvero dall'interno del tempio), dotata di una doppia serie di barre verticali. "Perché tanta accortezza? Per proteggere questo ambiente da intrusioni esterne o impedire chi vi si trovava di uscire?", si chiedono ora gli archeologi di mezzo mondo.
Sirano: "Un laboratorio a cielo aperto"
"L'avanzamento degli studi di antropologia fisica, insieme agli studi sul contesto di rinvenimento permetteranno in breve di avere un'idea sempre più chiara di quello che successe nella notte dell'eruzione ad Ercolano, ma anche di chi e di perché si trovava su quel letto", ha spiegato Francesco Sirano, direttore del Parco Archeologico di Ercolano, aggiungendo che il sito da lui diretto "si conferma anche sotto questo aspetto un laboratorio a cielo aperto per le più varie discipline; i resti delle vittime dell'eruzione continuano a fornirci sempre nuovi elementi per ricostruire le ultime ore, e talvolta i minuti di vita di questa cittadina affacciata sul mare al centro del Golfo di Napoli e sulla sua popolazione, dalle abitudini alimentari allo stato di salute, ai mestieri, al rango sociale di appartenenza, alle sue credenze e preoccupazioni. Queste ultime in alcuni casi talmente prossime alle nostre", ha concluso, "da creare l'incredibile empatia che questi luoghi Unesco stabiliscono con chiunque li visiti o ne venga semplicemente a conoscenza".
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