Stefano Caldoro ha fatto la campagna elettorale per le Regionali – la terza – più ‘leggera' possibile a questo giro: senza il peso e l'ingombro Cesaro, dei Patriciello e dei Beneduce ma anche senza i loro possenti pacchetti di voti. Ha iniziato tardi e non per colpa sua: Forza Italia, ormai partito fantasma in Campania ha temporeggiato sulla scelta del candidato perché l'alleato Matteo Salvini voleva un altro nome. Su una cosa ha sbagliato sicuramente, Caldoro: durante la fase acuta della pandemia, da marzo a maggio, è sparito. Doveva farsi vedere, doveva essere il pesante contraltare di Vincenzo De Luca sulla gestione dell'emergenza, pretendere trasparenza, far luce sulle ordinanze, sollevare problemi. Il ruolo glielo imponeva: era capo dell'opposizione di centrodestra in Consiglio regionale.
E invece Caldoro è rimasto intrappolato nella paura del Covid. Una paura umana ma che ha portato De Luca ad essere un uomo solo al comando, l'unico e solo punto di riferimento per i cittadini della Campania sulla pandemia Covid. De Luca ha gigioneggiato, è diventato un meme, i suoi cighialoni e i suoi lanciafiamme rilanciati dai media nazionali: in quel momento sarebbe stato necessario un contraltare capace di convogliare lo scontento rispetto agli eccessi del governatore. Poi lo scivolone su Luigi De Magistris: parlarne oggi in termini seppur parzialmente positivi significa deludere l'elettore storico del centrodestra che mai mai e poi mai vorrebbe un sindaco simile all'uscente. Insomma, Stefano Caldoro, attentissimo conoscitore della macchina regionale e dell'amministrazione è stato sicuramente vittima degli eventi e dei cambi di casacca. Ma sicuramente ci ha messo un po' del suo. Come quel cartonato con il suo volto, "Cartoro" che è diventato un disastroso boomerang dal punto di vista della propaganda.